DiFra e lo scatto d’orgoglio dei senatori
I «vecchi» salvano il tecnico e rilanciano i giallorossi: il progetto giovani resta ai box
La Roma che ha battuto la Lazio nel derby (3-1) ha iniziato la partita con un’età media di 29,3 anni per giocatore e ha seminato tra panchina e tribuna tutti gli acquisti «giovani» della gestione Monchi.
Di Francesco si è affidato ai senatori e, in una partita psicologicamente molto difficile, ha avuto ragione. Questo non significa che il «progetto verde» sia bocciato, ma che in questo momento si possono fare valutazioni solo sull’immediato.
Il «Progetto giovani» può attendere, il Paradiso di vincere un derby è arrivato con i senatori. Eusebio Di Francesco, dopo il profondo lavoro psicologico nel ritiro di Trigoria, ha scelto la vecchia guardia per giocare la gara tradizionalmente più difficile dal punto di vista nervoso. Contro la Lazio, così, ha mandato in campo una squadra che aveva un’eta media di 29,3 anni per calciatore. Quattro ultratrentenni: De Rossi (35), Kolarov (32), Dzeko (32) e Fazio (31). Nessun under 25: tra i titolari il più giovane era El Shaarawy, che ne compirà 26 a fine ottobre.
È vero che l’uomo decisivo entrando al posto dell’infortunato Pastore - è stato Lorenzo Pellegrini, che di anni ne ha 22, ma gli altri giovani della gestione Monchi non hanno trovato spazio: Cristante ha giocato solo gli ultimi 17 minuti; Karsdorp, Under, Schick Kluivert e Zaniolo sono rimasti 90 minuti in panchina; Coric è andato in tribuna; Bianda non è stato neppure convocato.
Il «Progetto giovani» non è stato accantonato, ma il momento era troppo delicato e Di Francesco ha deciso in piena autonomia: dentro chi dava più garanzie nella gestione delle pressioni che il derby presenta sempre.
Altrettanto importante è
stata la scelta di affidarsi al 42-3-1 ma in una versione modificata sulla fascia destra: Santon terzino destro e Florenzi esterno «alto». La sostituzione di Pastore con Lorenzo Pellegrini ha completato l’opera: la Roma, per la prima volta in questo campionato, è
stata una squadra «dinamica», più adatta al calcio che Eusebio Di Francesco ha sempre praticato. Anche in questo caso non si può parlare di bocciatura per il Flaco, però la differenza di passo con Pellegrini, nel ruolo di trequartista, è stata evidente.
La parte visibile dell’iceberg è stata, naturalmente, la produzione offensiva del numero 7: il gol di tacco; la punizione dal limite dell’area guadagnata in occasione del 2-1; il perfetto assist - da palla inattiva - servito a Fazio per il 3-1.
Anche la parte sommersa, però, è stata importante: il pressing su Lucas Leiva, che ha giocato una delle sue peggiori partite con la maglia della Lazio; il raccordo tra l’attacco e il centrocampo che ha permesso alla Roma di ottimizzare sia la fase di possesso che quella di non possesso; la duttilità che ha consentito a Di Francesco, dopo l’uscita dello stremato De Rossi e l’ingresso in campo di Cristante, di passare senza problemi al 4-3-3 prima e, con l’ultima sostituzione (Juan Jesus per Florenzi) al 5-3-2.
Il rendimento di Pellegrini in questa stagione era stato lontano dalla sufficienza, ma una partita come il derby può cambiare una stagione. Nessun centrocampista della Roma ha le caratteristiche di Lorenzo, che è una specie di Steven Gerrard italiano. L’importante, adesso, è non sedersi sugli allori e continuare a lavorare. Ma con Di Francesco, che lo conosce fin dal Sassuolo, questo verrà naturale.