Pignatone: «Era un giudice di straordinario valore»
Poteva stupirti per la mole di lavoro che riusciva a smaltire come per una riflessione improvvisa sulla felicità: «Perché mai siamo sempre tutti così malinconici?», è il quesito proposto una mattina a un avvocato che si era affacciato nella sua stanza fra faldoni e cartelle. Simonetta D’Alessandro, 58 anni, è stata la gip della truffa di Gianfranco Lande (il «Madoff» dei Parioli) e del clan Spada, quella del caso Lusi e delle estorsioni dei Casamonica. Si è occupata del costruttore Antonio Pulcini e del re delle slot Francesco Corallo, di Carmine Spada e Salvatore Buzzi. Ora che è scomparsa la ricordano per l’incisività dei suoi provvedimenti ma anche per l’eclettismo delle sue conversazioni. «Era un magistrato di straordinario valore per la preparazione e per l’entusiasmo nell’affrontare prospettive nuove e diverse come accade nella realtà romana» dice il procuratore capo Giuseppe Pignatone. Audace e rigorosa: «C’è da andare in carcere la domenica? – diceva – Ci vado, lo dobbiamo all’imputato». Salvo poi, quei fine settimana in cui era libera da impegni, fare capolino al mercato vintage di via Flaminia, il più autorevole in quanto a capi firmati e accessori feticcio. Il lunedì raccontava ai colleghi di qualche buon affare concluso. Un tailleur o un paio di orecchini di ironica femminilità. In tribunale ci si divide in due: c’è chi è ammutolito dal dispiacere e chi, benché avvilito, si abbandona a qualche ricordo: «Sembrava un’aliena in quei corridoi – dice il gip Costantino De Robbio – col suo modo di fare così privo di schemi, senza tutti quei filtri che noi magistrati mettiamo fra noi stessi e il prossimo».