Il tempo del Gioco dell’Oca
Un’esposizione e laboratori alla Casina di Raffaello a piazza di Siena ne raccontano storia pluricentenaria e interpretazioni contemporanee
Dal salvataggio rocambolesco e leggendario del Campidoglio dall’assedio dei Galli (nel 390 avanti Cristo) alle tavole da gioco di tutto il mondo. Le oche tornano protagoniste a Roma con la mostra dal titolo Il Gioco dell’Oca. Storia e significato di un gioco senza tempo, in programma fino al 30 dicembre alla Casina di Raffaello di piazza di Siena.
L’esposizione, organizzata dall’associazione Le Macchine Celibi, esplora le origini e il successo internazionale di quest’antico passatempo nato in Italia alla fine del XVI secolo (gingillo anche del granduca di Toscana Ferdinando I De’ Medici) attraverso un curioso percorso che si snoda tra riproduzioni di tavole recuperate nelle collezioni del British Museum e di altri musei del mondo, poi giochi e pannelli didattici, visite guidate e un ciclo di laboratori per bambini.
L’iniziativa prende le mosse dalla ricerca dedicata al Gioco dell’Oca vincitrice nel 2016 del Premio Gaetano Cozzi per saggi di storia del gioco (Fondazione Benetton Studi Ricerche). A realizzarla è stata la storica dell’arte Patrizia Giamminuti, presente alla Casina di Raffaello in veste di collaboratrice scientifica con un suo contributo intorno ai documenti e ai significati simbolici che l’animale piumato ha assunto nei secoli. «Dietro uno dei giochi più tradizionali di sempre, considerato oggi
una semplice distrazione per bambini — avvertono gli organizzatori — si nascondono in realtà una storia centenaria e allegorie senza tempo».
Sguardo al passato, dunque, ma non solo. Agli antichi reperti, infatti, si aggiungono i nuovi manufatti raccolti ed esposti nella sezione dedicata alle reinterpretazioni contemporanee. Molte quelle che continuano a rispettare lo schema e le regole principali del gioco tradizionale, ma non mancano le eccezioni. Con varianti creative come nel caso de Il gioco del volo dell’oca, firmato dall’artista Maria
Lai e diventato anche un’installazione permanente ospitata negli spazi del Museo dell’Olio della Sabina. O come nel Gioco dell’Oca creato da Studiolabo e illustrato da Stefano Marra, ispirato all’insegnamento di Bruno Munari «Progettare è un gioco, giocare un progetto», che ha rappresentato
un vero e proprio oggetto-icona della comunicazione nell’edizione 2017 del Brera Design District di Milano. Completano la mostra un gioco in scatola e alcune tavole ideate, disegnate e colorate a mano dall’architetto Stefano Ferrante, da sempre appassionato di giochi dell’oca, che per questa occasione ha progettato anche il grande tabellone a disposizione dei bambini fino alla fine dell’anno per scatenarsi giocando tra caselle, pedine, dadi, imprevisti e oche.
Varianti creative Quelle firmate da Maria Lai o ispirate all’insegnamento di Bruno Munari