Le emozioni si fanno cartoon 30 anni di Pixar in mostra
Si apre oggi «Pixar. 30 anni di animazione» Toy Story, Nemo & Co. in mostra bozzetti, video, calchi in resina, gouache
I calchi del beccaccino di «Up» e del topino di «Ratatouille» e i bozzetti per «Toy story», «Ribelle», «Up». Film da «A bug’s life» a «Monsters & Co.» e incontri sul doppiaggio, sul racconto delle emozioni, sull’industria creativa. Al Palaexpo da oggi «Pixar. 30 anni di animazione»: oltre 400 opere in mostra. Software, arte e fantasia.
Per descrivere gli abissi marini di Alla ricerca di Nemo i disegnatori s’improvvisarono sub. Per raccontare i tormenti di Riley, l’undicenne tormentata protagonista di Inside Out — con quella battaglia fra tristezza, rabbia, gioia, disgusto, paura — i creatori presero spunto dalla vera storia della figlia adolescente (e come tale parecchio inquieta) di uno di loro.
Gli scheletri addobbati di Coco, l’occhialuto vecchietto di Up, Woody cowboy dagli occhi languidi di Toy Story, le macchine viventi di Cars, la vezzosa principessa formica di A bug’s life...Personaggi che fanno parte di un immaginario comune e globale: il mondo della Pixar, in mostra da oggi al 29 gennaio a Palazzo delle Esposizioni. Pixar. 30 anni di animazione ricapitola una storia gloriosa che continua ai giorni nostri, con le tavole originali, i bozzetti, i calchi preparatori in resina grigia (ieri tutti a fare selfie davanti a Kevin il beccaccino di Up), proiezioni, video, acquarelli, gouache, laboratori, incontri, al primo piano del Palaexpo. Le due installazioni Artscape e Zoetrope ricreano il fascino dell’animazione. Nel cosiddetto Cubo, la simulazione 3D consentirà di sentirsi piccoli come insetti, circondati da fili d’erba alti quanto il soffitto.
«Pixar è una sorta di bottega rinascimentale digitale, dove disegno a mano, scultura e informatica coesistono sul grande schermo» osserva alla presentazione la curatrice per l’Italia, Maria Grazia Mattei. Spingendosi oltre: «Siamo di fronte a un nuovo Umanesimo: la tecnologia viene vista in una dimensione artistica e profondamente umana». Spiega Elyse Klaidman, che portò la prima volta l’esposizione nel 2005 al Moma di New York: «Orgogliosi di portare l’arte di Pixar a Roma, che è essa stessa un’opera d’arte. Speriamo che la visione della mostra ispiri una nuova generazione di narratori creativi, perché ogni disegno che voi vedete nasce da un’introspezione, da un’analisi caratteriale e emotiva». L’allestimento è essenziale. Spazio alle immagini (e all’immaginazione). Scandito per stanze, si divide in tre assi: le storie e i soggetti; le identità dei personaggi; i mondi, costruiti in maniera realistica grazie anche allo studio accurato delle campiture cromatiche. La rassegna cinematografica Passione Pixar riproporrà da Wall°E a Monsters & Co., da Ribelle al Viaggio di Arlo. Gli incontri regola d’arte affronteranno curiosità dal doppiaggio al «prima»: il momento in cui il computer ti guarda muto. «Non troverai nulla gratuitamente nel tuo pc» usano dire
Ain azienda.
I primi ad avere un’intuizione, davanti a quello schermo luminoso, sono nel 1979 i dirigenti Lucasfilm: George Lucas, intuendo la potenzialità dei computer per gli effetti speciali nel cinema, crea un’apposita divisione per la grafica computerizzata. Nel 1986 Pixar si sgancia e diventa una software house indipendente, Steve Jobs fra i nuovi soci. Aggiungi nomi come John Lasseter, William Reeeves e Eben Ostby incaricati di creare le animazioni, e si capisce l’impatto sulla cinematografia. Anche dopo, quando il digitale prende il sopravvento («e Hollywood va a braccetto con la Silicon Valley» come racconta la Mattei nel catalogo), ma quell’iniziale guizzo emotivo resta essenziale, partorendo gioielli come Ratatouille e Inside Out.
La curatrice
«Pixar è una bottega rinascimentale digitale. Disegno, scultura, informatica coesistono sul grande schermo»