SGOMBERI, MA DIRITTI RISPETTATI
Finalmente si sgombera. L’inferno della ex fabbrica di penicillina sulla Tiburtina all’altezza del Gra verrà svuotato dalle centinaia di anime penitenti che lo hanno abitato per anni. L’elenco degli ambienti da sloggiare è lungo, e pare che nell’era Salvini alle intenzioni possano seguire i fatti. Si ripristina la legge e i poveracci a vario livello (escludiamo gli Spada di Ostia) sono portati via da luoghi degradanti e malsani. Gli edifici, restaurati, riprenderanno la loro vitalità con nuove funzioni. E questo è il mezzo bicchiere pieno. Poi c’è quello vuoto: che fine fanno gli sgomberati? Devono essere portatori di handicap, donne incinte e bambini per sperare in un nuovo riparo fornito dal Comune. Gli altri si arrangeranno. Ci sono decine di migliaia di abitazioni vuote, nuove o no, interi edifici senza utilizzo: una folla di senzatetto vi cercherà un nuovo asilo di fortuna. Se andrà male ci sarà una tettoia, un fitto cespuglio, perfino un cartone. I posti da tempo okkupati saranno liberi, ma gli ex occupanti dovranno trovare nuovi spazi perché da qualche parte devono pure rifugiarsi. È una triste giostra che ricorda l’ammuina della marina borbonica: chi sta sopra vada sotto, chi sta là vada qua, chi sta a destra vada a sinistra e via così per far vedere che tutto funziona. Invece non è vero. Gli sgomberi non risolvono niente se non esiste un piano per far passare le anime dolenti dall’inferno almeno nel purgatorio.