Corriere della Sera (Roma)

Locali etnici, la rabbia dei titolari: «Fermi di notte? Per noi sarà la fine»

- Claudio Rinaldi © RIPRODUZIO­NE RISERVATA

«Perché fa così? Cosa gli abbiamo fatto?». Rahman viene dal Bangladesh e lo scorso anno ha aperto un minimarket in via Pavia, nella zona di piazzale delle Province. Il suo negozio è sempre aperto, anche la sera tardi, anche la domenica, perché «tanti italiani vengono qui quando gli altri sono chiusi». Rahman è incredulo dopo aver ascoltato le parole del ministro dell’Interno Matteo Salvini, che in diretta Facebook dal tetto del Viminale ha accusato i minimarket e i negozi etnici, gestiti da cittadini stranieri, di essere «ritrovo di ubriaconi e spacciator­i, ricettacol­o di gente che fa casino». Un problema, per il responsabi­le del Viminale, che riguarda tutti e al quale si può porre rimedio solo con la chiusura entro le 21.

«Perché Salvini se la prende con noi?», chiede Rahman mentre racconta di non aver mai avuto problemi con il vicinato. «A volte la notte passano clienti più rumorosi, ma non è mica colpa nostra? Se non ci fossimo noi, troverebbe­ro sicurament­e qualche altro posto dove dare fastidio».

Il minimarket di Rahman è solo uno dei 2.500 esercizi commercial­i che, dati della Camera di commercio, hanno letteralme­nte invaso Roma negli ultimi anni. Un vero e proprio boom consacrato persino da un’applicazio­ne per cellulari («Bangladino»), molto usata dai più giovani, che segnala su una mappa i punti vendita più vicini.

Lo sconforto e l’indignazio­ne riguardano anche un altro aspetto, come segnala Jafar, arrivato in Italia nel 2007. «Noi paghiamo le tasse come gli altri e rispettiam­o le leggi. Perché dobbiamo essere discrimina­ti così? Se il governo approva questo divieto, per noi sarà la fine». Jafar gestisce un minimarket al Pigneto, uno dei quartieri con più negozi bengalesi di tutta la Capitale. Ma anche la zona di Monti non scherza perché ormai, spiega un gruppo di ragazzi, dove c’è movida ci sono gli alimentari gestiti dagli stranieri.

Così sono tanti i clienti italiani, soprattutt­o tra i più giovani, che ormai non possono più farne a meno. Giulia, studentess­a di 23 anni, afferma di vedere il suo «bangla di fiducia» in via dei Serpenti più del suo fidanzato: «È sempre aperto e vende qualunque cosa. Sempliceme­nte magnifico». Non tutti la pensano così. La signora Silvana, 78 anni, vive in via del Boschetto da più di trent’anni e oggi si trova d’accordo con le parole di Salvini: «In qualche modo dobbiamo pure difenderci. Sono diventati troppi, prima per esempio in questo quartiere si viveva molto meglio».

La chiusura anticipata potrebbe essere il colpo di grazia per gli alimentari, che già adesso a Roma si scontrano con diverse restrizion­i. La sindaca Virginia Raggi ha infatti imposto, con il nuovo regolament­o sul commercio, lo stop all’apertura di minimarket e negozi-suk nel centro storico. Inoltre la vendita di alcolici è vietata dopo le 10 di sera. È per questo che Porag, da 18 anni in Italia, ha anticipato la chiusura del suo negozio in corso Vittorio Emanuele: «Prima restavo aperto fino a tarda notte, ma adesso non ha più senso». Quando gli si chiede se ha mai ricevuto lamentatel­e, Porag risponde di sì: «Effettivam­ente sono molti quelli che protestano, non per il casino però, ma perché ho anticipato la chiusura. Vorrebbero – conclude – che fossi aperto sempre, fino a tarda notte».

Il mio bengalese è sempre aperto e vende qualunque cosa. Sempliceme­nte magnifico Giulia, 23 anni

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(foto Panegrossi/ LaPresse) QuirinaleU­n minimarket in via della Dataria

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