Roma Caput Mundi, alla deriva del male
Una denuncia cruda, parole violente, invettiva estrema. Roma Caput Mundi, spettacolo d’apertura della seconda stagione dell’Off Off Theatre, scritto e diretto da Giovanni Franci, non ha pietà per nessuno. Siamo nel suburbio della capitale. Spedizioni punitive, stupri di gruppo, case occupate, spaccio di droga, e poi aids, omofobia, antisemitismo, e non manca la xenofobia: «Italia agli italiani, Roma ai romani» urlano in coro nelle contrade di una periferia degradata e disumana, priva di ideali, percorsa dalla paura. I tre protagonisti (interpretati da Valerio Di Benedetto, Riccardo Pieretti, Fabio Vasco) si contendono lo spazio angusto dell’abbandono morale, della deriva del male, senza speranza di riscatto: la violenza è una pura necessità cui non possono, né sanno rinunciare, perché fa parte del loro linguaggio, appartiene alla loro educazione e mentalità. Storie di vite perdute, riprese dalle pagine della cronaca quotidiana, ma mentre Franci, nel precedente spettacolo L’effetto che fa (stesso cast) sul delitto del giovane Luca Varani, riusciva a tradurre la cronaca in metafora, qui l’autore resta legato ai titoli della «nera» e il testo di forte impatto stenta a decollare, a diventare vero teatro. Ciò che definisce il suo «manifesto contro ogni forma di fascismo» non si tramuta in allegoria. I tre attori, pur nell’evidente impegno di una recitazione che evita la retorica, si limitano all’enunciazione di un testo incatenato ai marciapiedi del suburbio, senza innalzarsi a riflessione poetica.