Corriere della Sera (Roma)

Ovidio, amori e miti da Botticelli a Joseph Kosuth

Alle Scuderie del Quirinale una mostra con 200 opere, dall’archeologi­a a Botticelli

- Edoardo Sassi

L’influenza del grande poeta romano sull’arte attraverso i millenni: questo il tema della mostra «Ovidio. Amori, miti e altre storie», inaugurata ieri alle Scuderie del Quirinale dal presidente della Repubblica Sergio Mattarella e dal ministro della Cultura Alberto Bonisoli.

Oltre duecento opere dall’antichità a oggi — sculture, affreschi pompeiani, vasi, rilievi, gemme, codici miniati, quadri tra Rinascimen­to e Barocco, incursioni contempora­nee — per raccontare il sempiterno mito di una delle grandi voci della cultura universale, quella di Ovidio.

La mostra, in occasione del Bimillenar­io della morte del poeta di Sulmona, curata da Francesca Ghedini, è stata inaugurata ieri alle Scuderie del Quirinale dal presidente della Repubblica Sergio Mattarella e dal ministro della Cultura Alberto Bonisoli. Una suggestiva antologia — con alcuni prestiti internazio­nali, dal Louvre alla National Gallery di Londra — costruita facendo dialogare immagini e parole, quelle parole-idee-archetipo che dal genius di Ovidio giungono fino a noi, eternate anche nel lessico comune. Narciso, Pigmalione, Adone, Ermafrodit­o o aforismi quali «in amor vince chi fugge»: infinite le declinazio­ni ovidiane. «Ho ormai compiuto un’opera — ebbe a scrivere il poeta — che non potranno cancellare né l’ira di Giove, né il fuoco, né il ferro, né il tempo divoratore… e il mio nome resterà: indelebile». Profezia avverata anche a distanza di millenni, come dimostra anche la mostra il cui titolo recita Ovidio. Amori, miti e altre storie. Tema principale, e non poteva essere altrimenti, l’Amore con i suoi corollari: eros, seduzione, bellezza...

Tra i prestiti clou, la magnifica Venere «Callipigia» in marmo bianco concessa dal Museo archeologi­co nazionale di Napoli, partner dell’esposizion­e, da cui provengono anche eccezional­i affreschi al tempo ritrovati a Pompei. E ancora, la Venere pudica di Botticelli dalla Galleria Sabauda, opere di Benvenuto Cellini, Tintoretto, Ribera, Carlo Saraceni, Poussin o Pompeo Batoni, fino all’installazi­one al neon di Joseph Kosuth che accoglie il visitatore in entrata e che cita i versi del cantore di Sulmona: Quod cupio mecum est («Quel che bramo l’ho in me»).

Tra gli snodi cruciali del percorso, oltre all’Arte di amare, ovviamente le Metamorfos­i, fra i testi che hanno maggiormen­te ispirato gli artisti nei i secoli. E tra le più celebri trasformaz­ioni non poteva mancare quella di Ermafrodit­o, la cui statua d’epoca romana — tanto famosa quanto splendida — è uno dei prestiti in mostra, concessa da Palazzo Massimo. Infine, parlando della vita di Ovidio — oltre a Bacchi, Narcisi, fanciulle amate, abbandonat­e e rapite come Arianna e Proserpina, o giovani dai tragici destini tipo Icaro e Meleagro — non poteva mancare colui che al poeta inflisse la pena di uno spietato esilio senza perdono, fino alla morte: l’imperatore Augusto, la cui effige con il capo velato, in veste di Pontefice Massimo, è arrivata dal Museo di Aquileia.

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Pittura Carlo Saraceni, «Caduta di Icaro», 1605-8, ex collezione Farnese, Napoli, Museo di Capodimont­e
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 ??  ?? Pitture Botticelli, Venere pudica (dettaglio); affresco da Pompei
Pitture Botticelli, Venere pudica (dettaglio); affresco da Pompei
 ??  ?? Bellezza Statua di Venere Callipigia, metà II secolo d.C.
Bellezza Statua di Venere Callipigia, metà II secolo d.C.

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