Corriere della Sera (Roma)

Raggi: 16 ottobre, ferita nella storia La Comunità: l’odio è in aumento

Ricordato il rastrellam­ento del Ghetto, nel 1943. Zingaretti: tenere viva la Memoria

- Maria Egizia Fiaschetti

 Sedici i sopravviss­uti, segnati dall’orrore della violenza e dall’angoscia per quanti non sono riusciti a salvarsi

 Molte, ieri, le

per ricordare il 75° anniversar­io del rastrellam­ento del Ghetto. In mattinat a appuntamen­to in Sinagoga

Deflagra con le leggi razziali del ‘38 il sentimento antisemita che in soli cinque anni, dopo l’esclusione da scuole e università e la negazione dei diritti civili, porta dritto ai campi di sterminio. È il 16 ottobre del ’43 quando 1.024 ebrei romani vengono strappati alle loro vite: trattenuti nel Collegio militare di Palazzo Salviati in via della Lungara, per essere poi deportati ad Auschwitz. Sedici i sopravviss­uti, segnati dall’orrore della violenza e dall’angoscia per quanti non sono riusciti a salvarsi.

Molte, ieri, le iniziative per ricordare il 75° anniversar­io del rastrellam­ento del Ghetto. In mattinata, la sindaca è intervenut­a alla commemoraz­ione in Sinagoga, dove sono state deposte due corone d’alloro donate dall’Ucei e dalle amministra­zioni locali (Campidogli­o, Città Metropolit­ana, Regione Lazio) mentre il Pd del I Municipio ha offerto un mazzo di fiori: «Il 16 ottobre del 1943 è una ferita che rimane incisa nella nostra città e che deve essere ricordata — le parole di Virginia Raggi — . Ho scritto una lettera aperta invitando tutti i cittadini a partecipar­e alla marcia silenziosa che quest’anno si terrà il 21 di ottobre. Ritengo importante ricordare gli eventi che hanno tracciato un segno così profondo nella nostra città, perché ricordare il passato deve aiutarci a guidare i nostri passi nel futuro». La Termine ebraico («Tempesta devastante», dalla Bibbia, per es. Isaia 47, 11) col quale si suole indicare lo sterminio del popolo ebraico durante il Secondo conflitto mondiale. È vocabolo che viene preferito al termine olocausto in quanto non richiama, come quest’ultimo, l’idea di un sacrificio inevitabil­e. prima cittadina ha anche annunciato la volontà di cambiare nome alle prime due strade intitolate a chi firmò il Manifesto delle leggi razziali, via Arturo Donaggio e via Edoardo Zavattari, attraverso un processo partecipat­o che coinvolga i cittadini: appuntamen­to il prossimo 15 novembre in una scuola della Capitale, dove ci si confronter­à su una rosa di 10 proposte.

Ruth Dureghello, presidente della Comunità ebraica di Roma, ieri ha ribadito la necessità di conoscere ciò che è stato come monito per il futuro: «Non basta deporre una corona ma bisogna ricordare i nostri morti, farlo con la consapevol­ezza che ci sono ebrei vivi a Roma, in Italia, in Europa che vogliono continuare a farlo in libertà e democrazia». Tanto più in un momento in cui «diffidenza e odio sono in aumento — ha sottolinea­to Dureghello — questo perché è salita l’ostentazio­ne, il coraggio, di chi professa l’odio. Le istituzion­i dovrebbero mantenere sempre un linguaggio adeguato, attento».

Pensiero vicino a quello del vice sindaco, Luca Bergamo: «Oggi (ieri, ndr) ricordiamo le responsabi­lità di coloro che hanno aderito alla filosofia delle leggi razziali e a un’idea del mondo in cui diversità di religione, di culti, di orientamen­to legittima qualcuno ad arrogarsi il diritto di prevalere su qualcun altro. Ricordarlo significa respingere il sistema di valori che sta dietro quei comportame­nti e ogni sua manifestaz­ione presente e futura».

Anche il governator­e del Lazio, Nicola Zingaretti, ha richiamato l’attenzione sull’importanza di tenere viva la memoria: «La storia deve essere sempre ricordata e raccontata per evitare che tutto questo possa ripetersi. Mai più».

Dureghello «Le istituzion­i usino sempre un linguaggio attento»

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La dataÈ il 16 ottobre del ’43 quando 1.024 ebrei romani vengono strappati alle loro vite: trattenuti nel Collegio militare di Palazzo Salviati in via della Lungara, per essere poi deportati ad Auschwitz.

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