«E adesso Ostia può ripartire»
Soddisfatte Di Pillo (presidente del X Municipio) e associazioni
Un segnale di speranza», dice la presidente del X Municipio Giuliana Di Pillo. «Ora portiamo servizi dove c’era la mafia», propone l’associazione Città del sole. Soddisfazione a Ostia dopo la sentenza sul clan Spada.
«Bene le condanne, ora portiamo servizi e luoghi di aggregazione dove prima c’era la mafia». L’augurio dell’associazione Città del sole è dedicato alla Ostia che riparte. Dopo anni di silenzi e violenze, il Municipio del mare deve scrivere un futuro diverso, più libero da condizionamenti e soprusi. Ora che pure tre esponenti del clan Spada, dopo gli alleati-nemici Fasciani, sono stati condannati per associazione di stampo mafioso. Riconosciuti non più come semplici criminali ma come boss incontrasti di quartieri, reami in cui guidavano i propri racket dalle loro case di lusso mentre le borgate sprofondavano nel degrado.
«Una grande soddisfazione per i cittadini che possono prendere coscienza della presenza dello Stato – il commento della presidente M5S del X Municipio, Giuliana Di Pillo –. Un segnale di speranza affinché, tra il lavoro dell’amministrazione e quello delle forze dell’ordine, questo territorio possa tornare all’antico splendore». A Nuova Ostia – feudo degli Spada – il clima resta teso: si spera però in un cambiamento reale in un quartiere orfano di negozi e spazi sociali. «Ci lasciamo alle spalle una situazione grave e il nostro plauso va alle forze dell’ordine – sottolinea Armando Vitali, presidente di Ascom Litorale, che annuncia progetti nella zona –. Lavoriamo per portare a Nuova Ostia eventi e fiere, speriamo che il Municipio ci sostenga». Sulla stessa linea l’associazione Città del sole, che chiede «progetti contro la dispersione scolastica che favorisce la manovalanza criminale». «L’inchiesta Eclissi ha fatto emergere la capacità di radicamento nel tessuto disagiato di quel quadrante – ricordano Carlo Mazzei e Valerio Pagnotta di Città del sole -. Un radicamento sottovalutato e che, nel settore delle case popolari, ha impresso nei cittadini la convinzione che gli unici soggetti che potevano assegnare le abitazioni fossero i membri dei clan. C’è bisogno di un’azione istituzionale per prevenire l’insorgere di ulteriori nuclei di solidarietà criminale».