Serena, il male non la spezza «In scena finché si sta in piedi»
La battaglia della figlia di Grigioni, preparatore dei portieri laziali
«Finché si è in piedi si va in scena. La vita è uno spettacolo teatrale. Sta a noi scegliere se salire sul palco o rimanere in platea a guardare». Sta a noi decidere se parare o soccombere. Forse non è un caso che il padre è un numero uno nell’insegnare a parare.
Adalberto Grigioni è da 13 anni il preparatore dei portieri della Lazio. «Serena non mollare», c’era scritto in un grande striscione da brividi apparso in Curva Nord durante un derby di qualche tempo fa. Tranquilli. Lei non molla. Neppure per un istante. Neppure se non riesce a stare in piedi. Serena Grigioni ha 36 anni e grandi occhi marroni che ti guardano e ti sorridono. Come se non fosse successo niente. Come se quella notte di maggio del 2005 non avesse fatto da spartiacque fra la splendida normalità di una ragazza felice e una vita di dolore, di lotta e di speranza. Una malattia improvvisa, misteriosa e terribile.
Da tre anni ha finalmente un nome, che suona come una maledizione: neuropatia autonomica associata a Cipo, un’ostruzione intestinale cronica, dolori lancinanti non solo all’addome, ma anche agli arti inferiori, in un’intermittenza senza tregua. «Serena non mollare»: quel grido sbandierato in Curva Nord è diventato un coro. Tutti intorno a lei, sballottata da una sala operatoria all’altra e un viaggio a Rochester nel Minnesota che avrebbe dovuto risolvere tutto e non ha risolto niente: la mamma Daniela, il fratello Matteo, la zia Rossana, i cugini Ilaria e David e tanti tantissimi amici.
Per cercare di dare una spiegazione e una terapia a una malattia, che è solo una minaccia e un nome, Serena ha fondato la Onlus «ANTI-CIPO». Per finanziarla ha scritto un libro autobiografico che nel titolo ripete il suo motto: «Finché si è in piedi si va in scena». Il mondo che la circonda si è inventato di tutto per aiutarla. Finanche una lotteria. Senad Lulic, il capitano della Lazio, mise in vendita la maglia numero 71, quella del minuto del gol vittoria nella finale di Coppa Italia contro la Roma proprio per raccogliere fondi per la Onlus di Serena.
Thomas Strakosha, il portiere, ha fatto tanto per lei. Che cosa, Serena non vuole dirlo. E Ciro Immobile, che ad Auronzo di Cadore durante il ritiro estivo le parla, la incoraggia e le chiede di invertire le parti e di dedicare lei un gol a lui. Serena è un medico, da qualche giorno lavora in una Asl e si occupa di nutrizione artificiale. Mi sorride e i suoi occhi anticipano la spiegazione: «Perché domani non so come starò. Felicità è la mia famiglia, le mie amiche, andare a Formello da papà, una partita allo stadio, un gol, una carezza, un sorriso ricambiato, una passeggiata per i vicoli di Trastevere, mettermi le cuffiette, chiudere gli occhi, ascoltare Jovanotti e sognare…». Serena non mollare.
Malattia Neuropatia autonomica associata a Cipo: Serena ha fondato una onlus