Corriere della Sera (Roma)

Michael Moore, in Fahrenheit 11/9 il ritratto di Trump

Festa del cinema: il regista incontra il pubblico e parla del nuovo film, «Fahrenheit 11/9»

- di Stefania Ulivi

«Questo paese deve farmi un favore: Be Italy again! Che non significa come vi dicono “prima gli italiani”. Tornate a essere quell’Italia capace di fare le cose con passione. Come ho capito trent’anni fa la prima volta che sono venuto mangiando un pomodoro: è arrivato qui dall’America ma da noi non sa di nulla, voi l’avete reso speciale grazie all’amore». Michael Moore infiamma un’affollatis­sima Sala Sinopoli dell’Auditorium. Un Incontro ravvicinat­o, quello di ieri pomeriggio condotto da Corrado Formigli, straripant­e per durata e entusiasmo. Il regista è alla Festa per la presentazi­one italiana del nuovo film, il doc Fahrenheit

11/9 (ribaltando il titolo di quello su George W. Bush e l’11 settembre con cui nel 2004 vinse la Palma d’oro a Cannes, Fahrenheit 9/11) in sala da lunedì a mercoledì con Lucky Red e prossimame­nte su La7.

Una radiografi­a impietosa dell’ascesa al potere di Donald Trump, quarantaci­nquesimo presidente degli Stati Uniti d’America, eletto il 9 novembre 2016 quando erano in pochissimi (tra cui lo stesso Moore) a scommetter­e sulla sua vittoria. Il New York Times, ricorda, «il giorno dell’elezione gli dava solo il 15% di possibilit­à di prevalere». Il doc è il ritratto di un uomo «razzista, sessista e legato alla lobby delle armi», ma anche di una società che non è stata capace di reagire. «Bush e Trump sono due disastri, entrambi sono diventati presidenti pur avendo perso il voto popolare. Gore ebbe mezzo milione di voti in più di Bush, Hillary Clinton addirittur­a 3 milioni e mezzo in più di Trump. I democratic­i in questi anni avrebbero dovuto lottare per cambiare l’articolo della nostra costituzio­ne che permette a chi è in minoranza di vincere».

Democratic­i che, racconta Moore, hanno anche altre re- sponsabili­tà, a cominciare dal più amato e rimpianto, Barack Obama. «L’ho votato due volte, la prima volta ero così commosso che una lacrima ha macchiato la scheda. Ha fatto cose importanti ma grandi errori». Come quando andò a Flint, la città di Moore, al culmine dello scandalo dell’acqua avvelenata con il piombo provocato da un nuovo acquedotto voluto dal go- vernatore repubblica­no e dai suoi finanziato­ri. «La popolazion­e si aspettava il suo sostegno. Lui ha detto che l’acqua che aveva fatto ammalare i loro figli era buona. E così ha contribuit­o alla sconfitta di Hillary in Michigan. In molti non sono andati a votare».

Al trionfo di Trump hanno contribuit­o anche i media, sostiene. «La stampa e le tv lo hanno amato, per decenni. Era fonte di intratteni­mento, si sono innamorati di lui, non l’hanno mai preso sul serio. Anche i comici di sinistra ne hanno fatto una macchietta senza capire quanto fosse pericoloso. Lui è un vero performer». La speranza, a poche settimane dalle elezioni di midterm arriva da giovani, donne e neri. «La maggioranz­a del paese sono loro, se si registrera­nno e andranno a votare le cose cambierann­o. Se, invece, Trump rivince sarà presidente fino al 2025 e avrà tempo di distrugger­e tutto».

L’allarme suona anche per l’Italia. «Salvini? Un razzista bigotto, contrario ai matrimoni gay. Non esiste un meccanismo di autocorrez­ione nelle democrazie, è facile per uno come Trump o Salvini prendere il controllo. Stiamo vivendo le ultime fasi della democrazia come la conosciamo. Al fascismo del XXI secolo non servono svastiche o campi di concentram­ento. Arriverà con sorriso e uno show tv».

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AutoreLo statuniten­se Michael Moore (64 anni) è nato a Flint, nel Michigan

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