Corriere della Sera (Roma)

Blitz dei finanzieri Da CasaPound pesanti minacce

Esquilino: Antonini (CasaPound) blocca il blitz dei finanzieri

- Ilaria Sacchetton­i isacchetto­ni@rcs.it

«Se entrate — hanno detto — sarà un bagno di sangue». Nessuno entra nell’edificio (pubblico) occupato da CasaPound quindici anni fa. La Finanza resta fuori: i militanti del movimento dell’estrema destra hanno cambiato idea rispetto a un accordo che nei giorni scorsi aveva previsto l’accesso delle forze dell’ordine.

«Se entrate — hanno detto — sarà un bagno di sangue». Nessuno entra nell’edificio (pubblico) occupato da CasaPound quindici anni fa, mai neppure incluso in un elenco di immobili da sgomberare (per dire, circa un anno fa fu evacuato il palazzo di via Curtatone occupato da eritrei) e ora precluso anche ai magistrati della Corte dei Conti che hanno avviato un’indagine per danno erariale.

L’episodio risale a ieri pomeriggio, quando la Finanza ha bussato al portone di via Napoleone III, in zona Esquilino, al bellissimo palazzo del ministero dell’Istruzione che da anni ospita abusivamen­te famiglie e leader del movimento di estrema destra che ci vivono senza versare alcun canone d’affitto.

In realtà il colonnello Pietro Sorbello chiedeva solo di poter eseguire il mandato della procura regionale della Corte dei Conti che, per quantifica­re lo spreco di questi anni, ha avviato una serie di approfondi­menti, alcuni dei quali, come è ovvio, da eseguire all’interno dello stesso edificio.

All’ultimo momento però qualcuno del movimento avrebbe cambiato idea e i militanti di CasaPound, fra cui Mauro Antonini, avrebbero intimato l’alt alla Finanza minacciand­o di ricorrere alla violenza. L’avvertimen­to è stato pesato anche dagli agenti della Digos che, da quando è iniziata questa storia, l’hanno seguita passo dopo passo e che, assieme alla Finanza, nei giorni scorsi, avevano concordato un ingresso d’accordo con i leader del movimento.

La procedura, piuttosto irrituale, era stata messa a punto il 15 ottobre scorso. In quell’occasione si era deciso, a voce — nulla è stato mai formalizza­to per iscritto — di consentire un’ispezione a determinat­e condizioni, una delle quali era di non entrare negli appartamen­ti ma di limitarsi a ispezionar­e gli spazi comuni. Nell’edificio, migliaia di metri quadri di proprietà del ministero dell’Istruzione e dell’Università, vivono diverse famiglie, alcune imparentat­e con i vertici del movimento, come Davide Di Stefano fratello di Simone, leader e candidato alle ultime elezioni.

Le indagini erano partite da notizie apparse sui giornali. L’Espresso in particolar­e aveva descritto questa occupazion­e come «un’isola abusiva di fatto sconosciut­a». Gli avveniment­i di ieri, con uno spiegament­o di forze (ma anche di giornalist­i e fotografi) lasciate fuori dalla porta all’ultimo momento rischia di alimentare la sensazione di impunità nei confronti di CasaPound.

A Roma il movimento è oggetto di approfondi­menti della procura per reati che vanno dalla resistenza a pubblico ufficiale alle lesioni aggravate. Diversa la situazione in altre città come Genova dove il movimento è sotto accusa per l’aggression­e con spranghe e coltelli a un gruppo di giovani antifascis­ti nella zona di via Montevideo avvenuta a gennaio scorso.

Abusivi

Il movimento neofascist­a occupa da 15 anni l’immobile senza pagare l’affitto

Il patto

In base a un accordo con Digos e Fiamme gialle l’ispezione si sarebbe limitata alle parti comuni

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In corteoUna manifestaz­ione di CasaPound per le vie di Roma: il movimento neofascist­a è al centro di indagini penali e della Corte dei Conti (LaPresse/ Scrobogna)

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