INDUSTRIA E CONSUMI, IL DILEMMA
Due giganti del commercio, Eataly e Ikea, vanno a convivere all’Ostiense. Gioiscono gli amanti degli acquisti. Con un parcheggio solo possono pensare alla casa e alla spesa insieme. E le società. La mossa spalma i costi, per quanti saranno condivisi, e gonfierà i ricavi, per i flussi che uno porterà all’altro. Tutti contenti allora, meno i piccoli commercianti che soffrono chi è online e ora pure chi prima era solo in periferia. C’è dell’altro, però. Siamo soliti esultare se udiamo di nuovi investimenti. Ma succede di rado. Spesso poi non si crea tanta nuova ricchezza. E, allora, sperando il contrario, ti chiedi se come Paese o città, non rischiamo di esser solo dei consumatori. Sotto questa luce va letto il grido di Unindustria per un piano di rilancio. Anche il dibattito nazionale (e persino il governo) è diviso tra chi tutela gli interessi delle forze produttive e chi quelli di quanti anelano ammortizzatori sociali. Intanto, il Paese cresce poco o nulla, è in crisi di produttività da venti anni e, da non meno, manca di una visione che sia una e duratura nel tempo. Roma non fa eccezione. Imprese migrate, posti di lavoro persi e l’onda lunga di una crisi economica, lenita spesso più dagli aviti beni – tra case dei nonni in affitto e pensioni a fattor comune – che non da ardenti speranze nell’avvenire. Se questo è lo specchio delle società avanzate, mettiamoci rapidamente a pensare cosa fare in futuro.