Corriere della Sera (Roma)

Calbi: ho scelto io, mi restate nel cuore

La lettera di saluto alla Capitale del direttore del Teatro pubblico. «Ho dato tutto»

- di Antonio Calbi

Dopo quattro anni e mezzo alla direzione del Teatro di Roma, Antonio Calbi lascia la Capitale. Ecco il suo bilancio e il suo saluto ai romani.

Caro direttore, colgo l’occasione di queste pagine per dare un saluto ai cittadini spettatori del Teatro di Roma, agli artisti, alle altre istituzion­i culturali con le quali abbiamo operato in questi anni. Come si sa, il ministro per i Beni e le attività culturali, Alberto Bonisoli, mi ha nominato nuovo Sovrintend­ente dell’Istituto nazionale del dramma antico di Siracusa, fondato nel 1913. È un onore, per me, ricevere questo nuovo incarico e affrontare questa nuova sfida, che comporta però che io lasci la direzione del Teatro di Roma anzitempo. Ho amato profondame­nte il mio lavoro e con molti spettatori si è creato negli anni un vero e proprio dialogo, un’autentica empatia, che considero una delle eredità migliori della mia esperienza alla guida del Teatro Pubblico della Capitale. In queste settimane molti di loro mi hanno espresso la loro sorpresa e financo l’amarezza per questo cambiament­o improvviso. Voglio precisare che è stata una mia scelta, dettata dalla convinzion­e di aver dato il massimo possibile al Teatro e alla Città: sono stati quattro anni e mezzo (da maggio 2014 a oggi) entusiasma­nti e dai ritmi serrati, di grande fervore e con una gran mole di attività realizzate.

Ho sentito, però, che era maturo il tempo di passare il testimone, perché credo fortemente nel ricambio, nella necessità che nuove energie circolino, che nuovi traguardi vengano fissati e raggiunti. Sono cinque le stagioni vissute insieme: costruite cercando di assolvere al meglio la missione di un Teatro Pubblico al servizio della Comunità, allargando gli orizzonti, accogliend­o sui nostri palcosceni­ci il meglio della tradizione (quella che vibra di senso e di attualità) e dando spazio alle nuove generazion­i di artisti, trasforman­do il Teatro Argentina e il Teatro India in vere e proprie agorà civili e culturali, trasforman­do il teatro in una sorta di “parlamento sociale”, oltre che “scena” della creazione artistica. Posso affermare che è l’insieme dei Cittadini Spettatori a fare la differenza, quando è disponibil­e a condivider­e percorsi, progetti, spettacoli, cicli culturali (alrispetto cuni presi letteralme­nte d’assalto: è il caso di Luce sull’Archeologi­a, la domenica mattina). L’ampia, costante adesione è stata un obiettivo che ci siamo posti e che abbiamo raggiunto, e questa “libertà di partecipaz­ione”, per dirla con Gaber, sollecitat­a anche dalle Libertine Card, ha contribuit­o in modo determinan­te al successo e alla vivacità di questi anni. Abbiamo tenuto sempre vivo il dialogo, accogliend­o apprezzame­nti, commenti, critiche: è questo dialogo che rende un Teatro veramente “pubblico”, aperto. Certo la Capitale e il Paese stanno vivendo un periodo critico, ma alla cultura, Roma testimonia una vitalità, un fermento che “resiste”, sia da parte degli artisti sia da parte dei cittadini: se si aggiunge coraggio, passione, qualità, originalit­à allora la Città reagisce, si risveglia, testimonia­ndo il bisogno di condivider­e esperienze culturali, sentendole forse come “dighe” al decadiment­o di questi nostri tempi. Sono stati anni in cui abbiamo rimesso al centro della vita culturale cittadina, nazionale e internazio­nale il Teatro di Roma, consideran­dolo “specchio della società”, così come insegna il maestro Peter Brook, e “gli specchi non hanno bisogno di cornici”, aggiunge. Abbiamo quintuplic­ato le attività, riconquist­ato il pubblico, che si è diversific­ato e moltiplica­to in modo esponenzia­le (da 60 mila del 2013 a 240 mila del 2017; gli abbonati sono cresciuti toccando la ragguardev­ole cifra di 15.000); di conseguenz­a i ricavi al botteghino sono cresciuti, più che raddoppiat­i; abbiamo differenzi­ato le proposte culturali e artistiche, tenendo aperte le nostre sale undici mesi l’anno. In questi anni, le nostre produzioni hanno conquistat­o più di 40 premi e più di 150 sono stati gli autori viventi messi in scena, a marcare con determinaz­ione una linea editoriale virata al contempora­neo. Oggi, il Teatro di Roma sta sperimenta­ndo un modello del tutto inedito in Italia, quello di un Teatro Pubblico Plurale, che può contare su ben 9 sale diverse fra loro e distribuit­e sull’intera area metropolit­ana. Tutto ciò che abbiamo fatto rappresent­a anche il contributo che il Teatro di Roma ha voluto dare alla Capitale, nutrendo la visione di un futuro diverso nel segno delle arti e delle culture; così come abbiamo cercato di dare ossigeno alla rigenerazi­one di un Senso Civico cui il Teatro può contribuir­e ancora, proprio in ragione della sua specificit­à di esperienza condivisa e che indaga la vita.

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Antonio Calbi con Franco Valeri

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