Per Daniele Pecci Il fu Mattia Pascal riscritto e recitato
Daniele Pecci, attore corteggiato da tv e teatro, da martedì al Quirino con il suo adattamento del capolavoro di Pirandello, per la regia di Guglielmo Ferro
Si sente un attore fortunato Daniele Pecci, corteggiato dalla televisione e innamorato (corrisposto) del teatro, dove martedì debutta con il suo adattamento de Il fu Mattia Pascal di Luigi Pirandello, di cui è anche protagonista al Quirino con la regia di Guglielmo Ferro, in scena fino al 18 novembre.
«La tv mi ha regalato una popolarità che oggi difficilmente il teatro riesce a dare — ammette l’attore — eppure, ormai da tempo, ho scelto di lavorare quasi esclusivamente sul palcoscenico. E sono stato ripagato con grandi soddisfazioni». Fortunato, certo, ma anche coraggioso. Perché a onor di cronaca va detto che tra gli attori «teleamati» non in
molti sanno resistere alle lusinghe dello schermo, anche in fatto di cachet. «È vero — dice Pecci — purtroppo quello in teatro al giorno d’oggi è un mestiere da sopravvissuti, gli attori sono come naufraghi che aspettano la marea. E in Italia, anche quando arriva la marea giusta, va sempre peggio della volta precedente. Ci vuole tanta passione».
La stessa che ha messo in questo progetto, sia come autore che come interprete. «Conosco il capolavoro pirandelliano da molti anni, un romanzo che lessi per la prima volta quando ero ancora ragazzo — racconta — ma mai avrei pensato di doverlo riadattare per la scena. E in principio confesso che non fu semplice: mi approcciavo da scrittore e non funzionava, poi ho messo in campo l’uomo di teatro e credo di essere riuscito a rilasciare un testo fedele, preciso nel riflettere ogni identità per quel che merita».
Invariate le battute, mantenuti tutti i personaggi e perfino i piccoli dettagli delle descrizioni del Nobel siciliano. Nessun intervento di attualizzazione anche nell’ambientazione. «In generale non amo le storpiature temporali e in particolare in questo lavoro non avrebbe avuto senso forzare la scena al giorno d’oggi, perché il Novecento e la Roma di Pirandello appartengono a un passato ancora vivo —– spiega l’attore — dove si descrive, ad esempio, il Lungotevere in costruzione e angoli della città magari scomparsi ma non dimenticati dai romani».
Tutto in due ore, incluso intervallo, senza cali di ritmo. «Sono un attore che non ama appoggiarsi a lungo sulle pause o esasperare la voce. Piuttosto lavoro sull’identità del personaggio — spiega — e questo Mattia Pascal mi ha impegnato molto sul fronte estetico». Pecci ne ha messo a punto con la stessa cura sia l’aspetto emotivo che fisico: «Il mio Mattia è un ragazzone alto e impacciato, goffo nei movimenti, con una lunga barba e la capigliatura sempre arruffata. Mentre sul piano umano è una vittima di una società ingombrante e delle sue stesse sventure, sente le stesse paure che tutti abbiamo, ha l’umiltà invece rara di chi è pronto ad ammettere i propri errori e allo stesso tempo ha gli slanci d’ottimismo di chi pur crede di poter migliorare la sua condizione».
Lo affiancano in scena al Quirino (e nelle 60 date già fissate per la tournée italiana) due spalle come Rosario Coppolino e Maria Rosaria Carli, poi Giovanni Maria Briganti, Adriano Giraldi, Diana Hobel, Marzia Postogna e Vincenzo Volo. «E poi? Teatro e ancora teatro — conclude Pecci — questo per me è il momento di realizzare i sogni: esplorare ancora più a fondo l’opera di Shakespeare, per esempio! Ma per ora non svelo nulla di più».
Il Novecento e l’oggi
No a interventi di attualizzazione, neanche per gli ambienti:
«In generale non amo le storpiature temporali» Da tempo ho scelto di lavorare quasi esclusivamente sul palcoscenico. E sono stato ripagato con grandi soddisfazioni