Corriere della Sera (Roma)

Io, Joe Lovano, un sax tra Stati Uniti e Sicilia

Sabato il musicista all’Auditorium con Enrico Rava

- Raffaele Roselli

Nome completo, Joseph Salvatore Lovano. Nato 65 anni fa a Cleveland, in Ohio. Esempio tra i più autorevoli del contributo che la cultura italiana ha dato al jazz americano.

«Sono statuniten­se di seconda generazion­e — racconta Joe — I miei nonni venivano dalla Sicilia. La musica era dappertutt­o. Mio padre, Big T, la T sta per Tony, era un grande sassofonis­ta e anche i miei zii suonavano vari strumenti». La nonna si esprimeva in cucina, tavolate enormi… sarà stato forse anche a causa sua, se lui è così robusto di corporatur­a: al piccolo Joe ripeteva sempre «non sei abbastanza pieno», ma questa è un’altra storia. Per restare alla musica, «è stata sempre parte della mia vita. Il jazz esalta l’espression­e personale. E fin dall’inizio mi sono sentito molto fiero di avere questo dono e di poterlo condivider­e».

Buon per noi. Di sax come Joe Lovano, oggi, ce ne sono pochi, pochissimi in circolazio­ne. Capaci di tenere insieme l’energia scoppietta­nte del bop e il furore della new thing, il fuoco di Parker e la spirituali­tà di Coltrane. E andare avanti.

Tra i riconoscim­enti, una vittoria e una quindicina di nomination­s ai Grammy, un posto fisso nei referendum di Down Beat. Studi alla Berklee, on the road con Woody Herman, poi con Paul Motion, John Scofield, collaboraz­ioni con grandi innovatori come Carla Bley, Miroslav Vitous, Tony Oxley… e insieme a quest’ultimi, Enrico Rava. È con il nostro trombettis­ta che ora Lovano è in tour, in un quintetto italo-americano. Saranno in Auditorium, sala Sinopoli, sabato 10 novembre. Al piano Giovanni Guidi, Dezron Douglas al contrabbas­so e Gerald Cleaver alla batteria.

«Ho ascoltato la musica di Rava tutta la vita. Lo conosco

❞ Città eterna Ho suonato qui solo una manciata di volte. E ora sono molto emozionato

Ispirazion­e Prendere da più culture, abbracciar­e la musica di tutto il mondo...

fin dai Settanta. Ma con Enrico – racconta Joe – abbiamo collaborat­o troppo poco, nel corso degli anni... E anche a Roma ho suonato solo una manciata di volte: con McCoy Tyner, con Dave Douglas e la sua band e ora sono molto emozionato di essere qui». Già, Douglas: gli ultimi lavori preziosi di Lovano sono con Dave, anche lui un trombettis­ta, anche con lui in quintetto. La collaboraz­ione con Rava è un po’ in quel solco? «No – risponde — Enrico non può essere

paragonato a nessuno». Tornare in Sicilia: un’emozione, quando capita? «Lo spirito, le vibrazioni di quella parte del mondo, ne fanno una sorta di crocevia di diverse civiltà: Nordafrica, Medio Oriente, Grecia… Questa energia — riconosce Lovano — è sempre fonte di ispirazion­e per me. Nel corso della vita, da ovunque tu venga, sei influenzat­o da ciò che incontri lungo la strada. Nel mio caso, ha significat­o prendere da più culture e abbracciar­e la

musica di tutto il mondo». È a conoscenza, Lovano, delle crisi che agitano, oggi, il Mediterran­eo? «Una tensione politica che abbiamo già vissuto nei secoli — risponde — ed è sempre stata una sfida. Dovremmo ricordare la nostra umanità, apprezzare la cultura degli altri, vedere la bellezza come qualcosa di reale, ritrovare la spirituali­tà anche nel modo di esprimerci. Io ne ho fatto uno stile di vita».

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Sul palco Joseph Salvatore Lovano, in arte Joe, sassofonis­ta, nato 65 anni fa a Cleveland, Ohio, origini siciliane

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