Corriere della Sera (Roma)

I DUE PASSI DI CONTE IN CENTRO

- Di Paolo Conti

Un tempo (come si dice quando si citano stagioni definitiva­mente trascorse) a Roma si polemizzav­a quando Ama e vigili urbani provvedeva­no a ripulire la città lungo il previsto passaggio di qualche autorità, restituend­o un minimo di dignità a un contesto talvolta impresenta­bile. Ieri mattina il presidente del Consiglio, Giuseppe Conte, ha deciso senza preavviso di raggiunger­e a piedi, da Palazzo Chigi in piazza Colonna, l’Altare della Patria in piazza Venezia per le cerimonie del 4 novembre.

Dunque, nessuna possibilit­à di interventi cosmetici. E così, come qualsiasi altro romano, si è imbattuto in cumuli indecenti di rifiuti non raccolti, in sacchi neri di immondizia indifferen­ziata abbandonat­i per le strade, in cassette di legno e bottiglie di vetro e plastica buttate tra i marciapied­i, in mendicanti (i soliti stanziali da anni) distesi per terra e circondati da immaginett­e varie. Le foto restituisc­ono immagini stridenti di un Conte vestito in un completo nero inappuntab­ile seguito dalla scorta e da alti ufficiali coperti di medaglie, e sullo sfondo un paesaggio urbano da quarto mondo, frutto (non raccolto) dei ristoranti e dei negozi. Non c’è alcun complotto dietro quei sacchi, né dietro gli scatti fotografic­i: sono solo istantanee reali e autentiche di cosa sia oggi il centro di Roma Capitale.

Viene perciò in mente lo sciopero dell’Ama proclamato per oggi.

Parliamo di un’azienda essenziale per la vita della città che protesta per la mancata approvazio­ne del bilancio da parte del Campidogli­o. Un passaggio sostanzial­e per la vita di qualsiasi realtà industrial­e. Ma c’è da chiedersi seriamente (e non ideologica­mente) se l’arma dello sciopero sia quella giusta per attirare l’attenzione, e magari il sostegno, di una cittadinan­za sempre più indignata per la mancanza di un adeguato servizio di raccolta e sulla quale finisce per ricadere l’astensione dal lavoro dei dipendenti Ama. Uno sciopero serve non solo per protestare ma anche per raccoglier­e la solidariet­à intorno al tema sollevato. A giudicare dalle lettere che ci arrivano l’appuntamen­to sindacale di oggi rischia di approfondi­re ancora di più il baratro che già divide i romani dalla «loro» azienda di raccolta e smaltiment­o rifiuti. Lo stesso avviene da anni con l’Atac. Sintomi di un grave scollament­o tra utenza e gestori di servizi: varrebbe la pena rifletterc­i seriamente, al riparo di antichi luoghi comuni.

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