I DUE PASSI DI CONTE IN CENTRO
Un tempo (come si dice quando si citano stagioni definitivamente trascorse) a Roma si polemizzava quando Ama e vigili urbani provvedevano a ripulire la città lungo il previsto passaggio di qualche autorità, restituendo un minimo di dignità a un contesto talvolta impresentabile. Ieri mattina il presidente del Consiglio, Giuseppe Conte, ha deciso senza preavviso di raggiungere a piedi, da Palazzo Chigi in piazza Colonna, l’Altare della Patria in piazza Venezia per le cerimonie del 4 novembre.
Dunque, nessuna possibilità di interventi cosmetici. E così, come qualsiasi altro romano, si è imbattuto in cumuli indecenti di rifiuti non raccolti, in sacchi neri di immondizia indifferenziata abbandonati per le strade, in cassette di legno e bottiglie di vetro e plastica buttate tra i marciapiedi, in mendicanti (i soliti stanziali da anni) distesi per terra e circondati da immaginette varie. Le foto restituiscono immagini stridenti di un Conte vestito in un completo nero inappuntabile seguito dalla scorta e da alti ufficiali coperti di medaglie, e sullo sfondo un paesaggio urbano da quarto mondo, frutto (non raccolto) dei ristoranti e dei negozi. Non c’è alcun complotto dietro quei sacchi, né dietro gli scatti fotografici: sono solo istantanee reali e autentiche di cosa sia oggi il centro di Roma Capitale.
Viene perciò in mente lo sciopero dell’Ama proclamato per oggi.
Parliamo di un’azienda essenziale per la vita della città che protesta per la mancata approvazione del bilancio da parte del Campidoglio. Un passaggio sostanziale per la vita di qualsiasi realtà industriale. Ma c’è da chiedersi seriamente (e non ideologicamente) se l’arma dello sciopero sia quella giusta per attirare l’attenzione, e magari il sostegno, di una cittadinanza sempre più indignata per la mancanza di un adeguato servizio di raccolta e sulla quale finisce per ricadere l’astensione dal lavoro dei dipendenti Ama. Uno sciopero serve non solo per protestare ma anche per raccogliere la solidarietà intorno al tema sollevato. A giudicare dalle lettere che ci arrivano l’appuntamento sindacale di oggi rischia di approfondire ancora di più il baratro che già divide i romani dalla «loro» azienda di raccolta e smaltimento rifiuti. Lo stesso avviene da anni con l’Atac. Sintomi di un grave scollamento tra utenza e gestori di servizi: varrebbe la pena rifletterci seriamente, al riparo di antichi luoghi comuni.