Ipa, l’ex capo dei vigili deve 110 mila euro
Corte dei conti: condanna per Catanzaro e altri 24, presero rimborsi non dovuti
Liquidazioni, aggiornamenti professionali e rimborsi percepiti indebitamente fra il 2002 e il 2012 da alcuni (molti) dirigenti dell’Ipa, l’Istituto di previdenza e assistenza dei dipendenti del Campidoglio. Sono 25 i condannati dalla Corte dei Conti a risarcire circa 3 milioni all’Ipa. Tra loro anche l’ex comandante dei vigili urbani Giovanni Catanzaro deve risarcire 110 mila euro.
Venticinque persone sono state condannate dalla Corte dei Conti a risarcire per circa tre milioni di euro l’Ipa, l’Istituto di previdenza e assistenza dei dipendenti del Comune di Roma. L’illecito? Liquidazioni, aggiornamenti professionali e rimborsi percepiti da alcuni (molti) dirigenti attraverso gli anni (la magistratura contabile ha preso in esame il decennio fra 2002 e 2012) senza alcun diritto.
Tra i condannati c’è un lungo elenco di dipendenti del Campidoglio, tra cui Giovanni Catanzaro, ex comandante della Polizia Municipale, che dovrà risarcire da solo 101 mila euro euro, ed Enrico Fantauzzi, presidente dell’Ipa, che ne dovrà versare 253 mila. Condannato anche Massimo Nardi ex democristiano chiamato a presiedere l’ente durante l’amministrazione Alemanno e che si sarebbe auto liquidato somme per migliaia di euro.
I pm contabili avevano iniziato a indagare in seguito ad alcune denunce presentate tra maggio e agosto 2012. In qualche caso, per la verità, erano giunte in Procura anche segnalazioni anonime in cui si ricostruivano anomale parentele tra dirigenti e dipendenti dell’ente come pure ricostruzioni di spese e consulenze illegittime (la cosiddetta «parentopoli Ipa») sulle quali, pure, c’era stata un’indagine penale che tuttavia non aveva raggiunto alcun obiettivo. Nella sentenza di oggi si legge che «si configura un’ipotesi di occultamento doloso» perché i vertici dell’ente hanno «deliberatamente omesso di trasmettere al sindaco pro tempore gli atti con i quali si erano liquidati autonomamente
Illecito Liquidazioni, rimborsi e aggiornamenti presi (tra il 2002 e il 2012) senza averne diritto
gli indebiti emolumenti». Non è tutto. «Non risulta - continua il dispositivo - che la corresponsione delle somme per raggiungimento obiettivi o per aggiornamento professionale fosse preceduta da alcun controllo circa l’effettività del risultato raggiunto». In altre parole l’Ipa avrebbe funzionato per un decennio come un feudo a sé stante.
Dal maggio 2017 l’ente è in liquidazione e da allora il commissario straordinario è il livornese Fabio Serini, indagato assieme a Luca Lanzalone per concorso in corruzione e traffico di influenze.
Secondo i giudici contabili ammontano a 2.922.640,61 euro le somme sottratte alle casse dell’ente. L’Ipa è un ente privato, partecipato dal Campidoglio per il 2% mentre il restante 98% è costituito dai contributi versati dai dipendenti capitolini e questo aveva dato il via ad alcuni ricorsi in Cassazione per accertare la competenza dei magistrati di via Baiamonti.
La risposta era stata affermativa e l’inchiesta era ripartita fino a raggiungere le sue conclusioni. Fra i condannati al risarcimento anche l’ex direttore generale Gildo Perfetti (198 mila euro), gli amministratori Carlo Mazzola (229 mila), Felice Mongelli (127 mila), Simonetta Grimaccia (152 mila), Giampiero Reali (70 mila), Massimo Cicco (152 mila), Silvano Quintarelli (70 mila) e Antonio Sbardella (10 mila).