«Ex Penicillina, colpa del Comune il grave degrado»
Il giudice sul palazzo. Occupanti condannati
Il degrado e lo stato di abbandono dell’enorme complesso dell’ex fabbrica della penicillina in via Tiburtina, a San Basilio, «è colpa del Comune». Così il giudice Cinzia Ippoliti nella sentenza di condanna a 300 euro di multa per occupazione abusiva emessa nei confronti di sei tunisini trovati all’interno dell’edificio nel 2014. Oggi sono oltre seicento gli immigrati che vivono nell’ex fabbrica che dal 2006 è di competenza del Campidoglio. La questione è emersa nel corso del dibattimento per accertare a chi spetti la cura e la conservazione del palazzo da quanto la Isf, società farmaceutica proprietaria dell’immobile, è diventata oggetto di procedura esecutiva e l’edificio è stato espropriato.
La gestione dell’ex fabbrica della penicillina «Leo» sulla Tiburtina – rifugio di uno dei clandestini accusati dello stupro e dell’omicidio Desirée Mariottini a San Lorenzo - è di competenza del Comune dal 2006. A rimarcarlo è il giudice Cinzia Ippoliti che attribuisce all’amministrazione capitolina la responsabilità «dell’estremo degrado» in cui versa il complesso, il primo da sgomberare tra gli stabili occupati. L’attribuzione della colpa al Campidoglio è uno dei passaggi chiave delle motivazioni della sentenza di condanna a 300 euro di multa con l’accusa di occupazione abusiva pronunciata nei confronti di sei tunisini. Gli imputati sono a processo, citati a giudizio dal pubblico ministero Maria Bice Barborini, dopo essere stati sorpresi nel 2014 a bivaccare nella struttura.
Durante l’istruttoria è stato affrontato il tema di chi abbia il dovere di curare la conservazione del sito. Questione che sorge nel 2006 quando la Isf srl, società che produce farmaci, diventa oggetto di procedura esecutiva. È allora che il Comune, approfittando dell’occasione, espropria una porzione dell’area per modificare la viabilità della zona. Piano che impone la rimozione di un muro e di diversi cancelli.
Che poi però non sono stati mai riposizionati provocando – come nota il giudice –l’ingresso degli stranieri. Certo – è scritto nella sentenza - anche sui custodi giudiziari pendono le stesse colpe.
Il risultato finale è l’«estremo degrado» del complesso. Dove nel 2014 gli imputati
vengono scoperti ad ammassare materassi e rifiuti. Situazione che perdura anche negli anni successivi, come emerge dalle testimonianze nel processo.
Nello stabile vivono almeno 500 persone in condizioni igienico-sanitarie precarie. Appena sabato scorso è stato spinto nel vuoto dal settimo piano un senegalese, vivo per miracolo. E a metà ottobre è stato trovato a nascondersi nella fabbrica uno degli assalitori di Desirèe. In passato nel complesso sono avvenuti due omicidi.