Marc Ribot, un trio inedito per Mister Chitarra
«The Zone»: il musicista all’Auditorium insieme a Daniele Del Monaco e Fay Victor
Marc Ribot alle prese con un percorso iniziatico. Dopo il successo di Songs Of Resistance 1942-2018, l’album di canzoni politiche pubblicato lo scorso settembre che gli è valso la definizione di «musicista anti Trump», il chitarrista di fama mondiale arriva stasera alle 21 all’Auditorium con la prima assoluta di The zone, concerto ideato dal compositore Daniele Del Monaco con la voce dal tono sciamanico di Fay Victor e Marco Capelli Acoustic Trio (Cappelli alla chitarra, Ken Filiano al contrabbasso e Satoshi Takeishi alla batteria). The Zone, per Romaeuropa festival, porta in scena le energie di una nuova stagione della produzione sperimentale newyorkese in cui confluiscono diverse anime: la potenza del rock unita all’improvvisazione, i colori della partitura contemporanea e la sintesi della composizione musicale.
A ispirare Del Monaco, anche lui in scena, alle tastiere ed elettronica, la vicenda filosofico/fantascientifica di Picnic sul ciglio della strada — il romanzo dei fratelli Strugackij noto anche grazie alla personalissima trasposizione cinematografica del film Stalker di A. Tarkovskij — e l’epopea Sufi Il verbo degli uccelli, Marc Ribot, 64 anni, è nato a Newark, nel New Jersey parabola di profonda e rara intensità partorita dalla magistrale penna di Farid alDin’Attar, poeta mistico persiano del XII secolo.
Due storie, distanti nello spazio e nel tempo, s’incontrano e delineano il racconto di un cammino eroico verso la conoscenza che richiede di abbandonare ogni cosa, bruciare cento mondi e gettare il cuore nel fuoco del presente. Ha spiegato l’ideatore: «Con The Zone mettiamo in scena un gesto violento e liberatorio, ma anche distensivo e riconciliatorio. Una pulsazione rituale attraversa l’opera dall’inizio alla fine, talvolta in forma percussiva, talvolta come armonia. È la paura del primo uomo cavernicolo, qualcosa della quale è necessario riappropriarsi, liberandoci delle infrastrutture culturali rappresentate dai confini fisici, politici, culturali o ideologici». «Mentre lo scrivevo — ha proseguito il compositore — avevo bene in mente alcuni compagni di viaggio che, come le migliaia di uccelli di Attar, hanno condiviso con me un faticoso tragitto esistenziale, rendendosi testimoni di cambiamenti irreversibili». Eclettismo ed empatia che Ribot incarna al meglio, al servizio di un viaggio dalla dottrina Sufi al contrappunto, ai ritmi africani, al punk. Info: 06.45553050.