Itinerario d’autore dedicato a Winckelmann
Vaticani Un percorso ispirato al padre del Neoclassicismo con 50 capolavori in 21 tappe
La proposta è agile e risponde a quella contemporanea «ecologia museale» che promuove la permanenza dei pezzi nella loro sede naturale e invece boccia i continui traslochi di tesori culturali nel nome della loro salute strutturale. Apre oggi ai Musei Vaticani la mostra-itinerario Winckelmann/ Capolavori diffusi nei Musei Vaticani, curata con molta attenzione e puntualità da Guido Cornini e Claudia Valeri. I Vaticani diretti oggi da Barbara Jatta propongono infatti un «percorso tematico diffuso», questa la definizione, che tocca 50 grandi capolavori in 21 tappe e 4 focus (punti di approfondimento). Siamo nella stagione degli anniversari winckelmanniani (la nascita a Stendal il 9 dicembre 1717, la morte tragica a Trieste l’8 giugno 1768) e le collezioni papali giustamente rendono omaggio, attraverso le meraviglie vaticane (egizie, greche, etrusche, romane, barocche) al geniale e coltissimo cantore del neoclassicismo, al fondatore dell’archeologia moderna e — lo ha ricordato Guido Cornini — dello stesso concetto di storia dell’arte. E per Claudia Valeri, l’ombra di Winckelmann aleggia sulla fondazione dei Musei Vaticani così come li conosciamo oggi, a partire soprattutto dal Pio Alessandrino, impensabile senza le sue scoperte e i suoi studi.
Ogni opera studiata, amata o addirittura scoperta da Winckelmann viene «segnalata» al visitatore con una struttura non invasiva ma ben visibile. Un filmato ci riporta alla Roma in cui visse, tra viaggi in Italia e in Germania, dal 1755 alla fine della sua vita. Ed ecco, nell’itinerario, sommi capisaldi storico-artistici come l’Osiride-Antinoo adrianeo da Villa Adriana, il Sacerdote del Dio Anubi di Anzio, il Tolomeo II di Porta Salaria, il Domiziano Giustiniani (con la sua postura incredibilmente moderna e attuale), il Sileno con Dioniso bambino Caetani-Ruspoli («d’eccellente maestria greca», scrisse lo studioso), il celeberrimo Nilo del I secolo, l’Atena Giustiniani, l’Hermes ritrovato a Castel Sant’Angelo, fino alla Scuola d’Atene di Raffaello, alla Carità di Gian Lorenzo Bernini. Un eclettismo unico nel panorama della storia dell’arte d’ogni tempo, l’ occhio infallibile unito a una profonda conoscenza e al gusto raffinato. Basti la descrizione dell’Hermes: «L’occhio dolcemente arcuato esprime innocenza, la bocca piccola ma ben modellata spira quasi inavvertite commozioni…». Lo stesso amore per il particolare lo porta a indicare il sorriso della Carità del Bernini: «L’amorevolezza vi è espressa con un riso forzato e satirico, perché l’artista possa usare della sua grazia preferita, le fossette sulle guance». Un pensiero da fare invidia a tanti divulgatori dell’arte del nostro tempo, troppo spesso afflitti da un gergo autoreferenziale che allontana il pubblico dal Bello.