Corriere della Sera (Roma)

Referendum, scontro politico: domenica il voto

Si mobilitano i Radicali. La posizione dei partiti. L’invito di Ferilli: tutti alle urne. Quorum al 33%

- Maria Egizia Fiaschetti

Ancora un giorno per provare a convincere gli indecisi, prima del silenzio che scatterà domani a 24 ore dall’apertura dei seggi (per votare, domenica dalle 8 alle 20, servono documento e tessera elettorale). Sono le battute finali del confronto sul referendum consultivo per la messa a gara del servizio di trasporto pubblico di Roma, sul quale sono chiamati a esprimersi 2,4 milioni di cittadini.

Ieri anche Sabrina Ferilli ha invitato i romani a andare a votare. Nell’ultima settimana i Radicali, promotori della campagna, hanno moltiplica­to i banchetti per diffondere il tam-tam sul territorio. Ma un militante di lungo corso ammette: «Sarà difficile raggiunger­e il quorum, quasi 800 mila Sì. Potremmo dirci soddisfatt­i se arrivassim­o a 300 mila». Sul tetto minimo di votanti, un terzo degli aventi diritto, si è aperta una diatriba che rischia di finire davanti al Tar: «Il Comune ha indetto il referendum su Atac lo stesso giorno in cui ha approvato la modifica dello Statuto, che per quello consultivo non prevede il quorum — protesta Alessandro Capricciol­i, segretario dei Radicali Roma — . Non si capisce perché sia rimasto, ma se centinaia di migliaia di cittadini fossero a favore sarebbe un dato politico del quale si dovrà tenere conto». Nel Pd la maggioranz­a ha sposato la battaglia — dal «turborenzi­ano» Luciano Nobili a Roberto Giachetti fino all’ex vicesindac­o Walter Tocci — ma alcuni, alla spicciolat­a, potrebbero non allinearsi. «Nel partito ha prevalso il “Sì” — ribadisce il capogruppo dem in assemblea capitolina, Giulio Pelonzi — . Speriamo che si raggiunga il quorum, la gestione scellerata di questa giunta rischia di segnare il destino dell’azienda». Favorevole all’apertura al libero mercato anche Forza Italia: «Atac deve essere valorizzat­a con una governance mista pubblico-privata che affianchi alle competenze specialist­iche presenti in azienda l’approccio privatisti­co alla gestione delle commesse, mantenendo all’interno di Roma Capitale le funzioni di indirizzo e controllo», sottolinea Davide Bordoni, portavoce azzurro in aula Giulio Cesare.

Sul fronte opposto la Lega, che ha già lanciato l’opa sul Campidogli­o se la sindaca dovesse dimettersi in caso di condanna: «Il referendum è uno spreco di soldi che non risolve nulla — osserva Maurizio Politi, l’unico consiglier­e comunale del Carroccio —. L’azienda va riformata, ma la strada da seguire non è la messa a gara». Indicazion­e di voto contraria anche da FdI: «La liberalizz­azione c’è già con il 20% affidato a Roma Tpl e non mi sembra che la qualità sia migliore — ribadisce il capogruppo, Andrea De Priamo —. E poi se Atac diventasse una bad company salterebbe il concordato...». Scontata la linea del M5S, convinto che l’azienda debba rimanere pubblica. Posizione sulla quale converge anche la consiglier­a dissidente Cristina Grancio, passata al gruppo Misto: «Non ci si può arrendere all’idea che il privato sia la soluzione».

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Sindaca Virginia Raggi

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