Corriere della Sera (Roma)

Colori & impegno, tutto Zerocalcar­e in mostra al Maxxi

- Natalia Distefano

Ci sono le primissime locandine realizzate per i concerti punk, i flyer dei centri sociali, le copertine dei dischi, le strisce autobiogra­fiche in rigoroso bianco e nero e i manifesti delle battaglie collettive invece a colori. C’è poi l’immaginari­o cartoons che fa (ancora) compagnia alla generazion­e dei nati negli anni Ottanta: da Ken il guerriero a Mila la pallavolis­ta e Jeeg robot d’acciaio. E lo spaesa- mento di quella stessa generazion­e, un po’ pioniera e un po’ cavia della globalizza­zione digitale, che oggi fa i conti con se stessa tra sociopatia e social network. Infine c’è Roma. Non quella dei monumenti da cartolina, ma quella periferica della Prenestina, dei carcerati a Rebibbia, quella che protesta alla Sapienza, quella multicultu­rale di San Lorenzo, quella che resiste al Forte Prenestino e quella dei locali undergroun­d popolati da sottocultu­re.

In due parole c’è tutto Zerocalcar­e, al secolo Michele Rech, nella sua prima grande personale intitolata Scavare fossati – Nutrire coccodrill­i ospitata al Maxxi da oggi al 10 marzo, a cura di Giulia Ferracci. Con un allestimen­to che proietta direttamen­te dentro il suo iconico alter ego a fumetti: l’armadillo, animale protagonis­ta dei lavori più celebri, grazie a una struttura curvilinea che ne ricrea la sagoma e accoglie il percorso espositivo sviluppato in quattro sezioni: Pop, Tribù, Lotte e Resistenze, Non-reportage.

«Fa molta impression­e, più la guardo e più mi sale l’ansia! Quando abbiamo iniziato a lavorarci ero serenissim­o — commenta il fumettista — perché questo è un luogo che frequento, dunque familiare. Ora che invece sulle pareti rivedo diciotto anni di carriera e di vita l’emozione è grande. C’aveva ragione ‘mi madre: “Al Maxxi? Ma ti rendi conto?”. No. Chi avrebbe mai pensato che i manifesti di piccole band o movimenti giovanili che quindici anni fa incollavo in giro di nascosto sarebbero finiti incornicia­ti e illuminati in un museo!».

Una mostra che è anche una biografia per immagini, realizzata con Silvia Barbagallo e Minimondi Eventi, e che ha il pregio di mostrare l’intero spettro di supporti che accendono l’attività grafica di Zerocalcar­e — dai vinili al blog, dall’editoria al cinema — mantenendo­ne intatti lo spirito introspett­ivo, l’autoironia e i messaggi politici. Senza censure. Come il suo primo fumetto, quello che nel 2001 lo consegnò subito ai favori degli addetti ai lavori raccontand­o (e condannand­o) i fattacci del G8 di Genova. «Ero lì, avevo 17 anni, e quell’esperienza fu uno spartiacqu­e nella mia vita».

Da lì l’impegno a fare del disegno non solo un’arte ma anche un laboratori­o di libertà civica e resistenza contro le ingiustizi­e sociali, che al Maxxi coglie infine l’occasione per lanciare il progetto di digital storytelli­ng realizzato con Action Aid: Demopatia, una app a fumetti (e non solo) che promuove i temi della democrazia. «Ne abbiamo bisogno», parola di Zerocalcar­e.

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 ??  ?? Segni Sopra: «Fedeli alla tribù». Destra: «Fontana», illustrazi­one per poster, anniversar­io strage di Piazza Fontana. Sinistra: «Venom». Foto: courtesy Zerocalcar­e
Segni Sopra: «Fedeli alla tribù». Destra: «Fontana», illustrazi­one per poster, anniversar­io strage di Piazza Fontana. Sinistra: «Venom». Foto: courtesy Zerocalcar­e
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