Corriere della Sera (Roma)

I ritmi caldi del Brasile: il ritorno dei Tribalista­s

Domani Carlinhos Brown, Maria Monte e Antunes

- Laura Martellini

Il loro primo tour europeo. Il primo incontro del pubblico italiano con le melodie, il carisma carioca, il «marchio di fabbrica» dei Tribalista­s Marisa Monte, Carlinhos Brown e Arnaldo Antunes. Melodie del nordest brasiliano innervate di ritmi africani. Il suono della metropoli di San Paolo, dove tutto è musica, anche i grattaciel­i, le autostrade urbane, lo smog, le favelas. Da far concorrenz­a a Rio. L’effervesce­nza e la vitalità del samba.

Il trio sarà domani all’Auditorium, dove oltre agli inediti dell’ultimo lavoro, inciso a Rio de Janeiro, si riascolter­anno hit come Passe em casa, Velha infancia, Já sei namorar.

Un universo colorato, fantasie sonore che s’accompagna­no a temi importanti: come in Diáspora, scritta interament­e dal gruppo e prodotta da Marisa Monte, sulle migrazioni e gli spostament­i di popoli e civiltà, a causa di crisi e conflitti. Ha spiegato la donna del gruppo, all’uscita del disco: «Questa volta, oltre alla nostra amicizia, avevamo in mano una serie di canzoni che suonavano più potenti se le cantavamo in tre. Da lì è sorto il desiderio di tornare a incidere un disco insieme». Pezzi come Trabalivre con la fadista Carminho, sul mondo del lavoro, o Lutar e Vencer, che narra di occupazion­i studentesc­he, ritraendo le scuole di San Paolo. Ma tutto il mondo è paese.

Canti d’impegno e di lotta. Il sound caldo del Brasile: Baião do Mundo tratta la mancanza d’acqua. Più social che mediatici, i Tribalista­s lasciano parlare la musica. È stata una collaborat­rice di Marisa Monte a confermare un’intesa che, a dispetto delle apparenze, non s’è mai fermata, dal primo disco omonimo del 2002: «Da quella data — ha detto — si sono riuniti diverse

❞ Stavolta, oltre all’amicizia, avevamo in mano canzoni che suonavano più potenti se cantate in tre.

Ed è sorto il desiderio di tornare a incidere un disco insieme

volte e hanno composto circa trenta canzoni che sono state registrate individual­mente da loro tre e da altri artisti. Si sono poi incontrati per lavorare a nuovi brani». Acqua, terra e fuoco.

Personalit­à forti. Ognuna a suo modo. Le percussion­i di Carlinhos sono energia allo stato puro: «Credo nell’importanza e nella sacralità della musica, in un mondo che vuole separare, invece di unire. Perciò gioco con tutti gli elementi, e li mescolo attraverso

la musica, la danza. Un grande calderone da cui fuoriesce armonia. Un inno alla natura e all´essere umano, oltre qualsiasi preconcett­o».

Per Marisa (nota in Italia anche per la versione brasiliana di E poi che fa di Pino Daniele) è un ritorno: a 19 anni, decisa a diventare una cantante lirica, approdò nella Capitale per qualche mese. Ma venne subito riportata in Brasile dal produttore Nelson Motta. Arnaldo Antunes, anche artista visuale, è il poeta. Il collante:

«Credo sempre di più nella gioia quotidiana data dal vivere insieme. Il concetto di tribù!». Spiegava anni fa, prendendos­ela, senza censure, con il tour de force delle tournée mondiali che devono seguire l’uscita del disco: «Penso che l’industria musicale abbia imposto un modo particolar­e di gestire la creazione artistica, ma noi non dobbiamo adeguarci per forza». Per fortuna il trio ci ha ripensato.

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Insieme Tribalista­s. Da sinistra, Carlinhos Brown, Marisa Monte, Arnaldo Antunes, domani in concerto all’Auditorium

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