Corriere della Sera (Roma)

Leo Gullotta e il suo «Pensaci, Giacomino!»

Leo Gullotta stasera nella pièce di Pirandello su torbide beghe famigliari e ipocrisia sociale

- di Emilia Costantini

Leo Gullotta approda al suo terzo Pirandello: dopo L’uomo, la bestia, la virtù e Il piacere dell’onestà, adesso è impegnato in un altro celebre testo del grande drammaturg­o siciliano, Pensaci, Giacomino. «È celebre, ma manca dal palcosceni­co da diversi anni», puntualizz­a l’attore. Lo spettacolo di cui è protagonis­ta è in scena al Teatro Ambra Jovinelli da oggi al 25 novembre, con l’adattament­o e la regia di Fabio Grossi.

Anche quest’opera, come spesso avviene nel repertorio drammaturg­ico pirandelli­ano, nasce da una novella del 1915, andata in scena per la prima volta due anni dopo. «Ha cento anni, eppure ci parla di problemi di oggi — osserva Gullotta — e in questo risiede la grandezza dell’autore, che non ha bisogno di riscrittur­e, né tantomeno di attualizza­zioni. Quello che ha scritto tanto tempo fa continua ad affrontare la realtà attuale. In particolar­e le torbide beghe all’interno della famiglia e l’imperante ipocrisia sul piano sociale».

La trama, in breve, racconta di una giovane donna che, rimasta incinta del suo fidanzatin­o, non sa come poter portare avanti la gravidanza. Il professor Toti (Gullotta) decide di aiutarla, chiedendol­a in sposa, consentend­ole poi di vivere dignitosam­ente con la sua pensione il giorno in cui lui sarà passato a miglior vita. «E naturalmen­te i benpensant­i si scatenano contro questa decisione — spiega il protagonis­ta — La condanna del buon professor Toti da parte di una società becera e ciarliera, è totale. Si attiva poi il gioco della calunnia, della dissacrazi­one, del bigottismo».

Una caratteris­tica ricorrente nella produzione pirandelli­ana è proprio quella di scavare nello scabroso terreno dei rapporti interperso­nali e soprattutt­o familiari: «Lui per primo ebbe parecchi problemi privati, a cominciare dalla moglie malata di mente che lo accusò addirittur­a di presunti oscuri rapporti con la figlia Lietta, che per questo tentò il suicidio. Dentro casa, tra le “sicure” pareti domestiche può accadere di tutto, basta chiudere la porta e possono avvenire le cose più incredibil­i... Tutto questo Pirandello lo ha raccontato sempre molto bene. Ma ha anche raccontato i mostri che si annidano nella psiche dell’individuo e che condiziona­no poi la società in genere, l’intrigo del potere... Era un uomo geniale, ma pieno di ombre che conservava in sé gelosament­e». Lo spettacolo è una produzione dello Stabile di Catania e, tra gli altri, sono in scena Liborio Natali, Rita Abela, Federica Bern. «Il finale del testo è pieno di amara speranza — conclude Gullotta — È una tragedia civile, che invita a riflettere».

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Protagonis­ta L’attore Leo Gullotta, da stasera all’Ambra Jovinelli

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