La case di Armellini a Ostia: il Tar condanna il Comune
Ultimatum dei giudici al Comune che, per quanto appaia incredibile, è anch’esso un inquilino abusivo: liberi subito le case affittate per l’emergenza abitativa, ordina il Tar, e rimborsi i danni ai proprietari (Angiola Armellini, figlia del costruttore Renato) ai quali è stata negata, dal 2012, la restituzione degli immobili.
Si tratta delle cosiddette «case di sabbia» di Ostia, 1.042 appartamenti – che ospitano altrettante famiglie – affittati nel 2002 per «soccorrere» chi si trovava in difficoltà. Un contratto, quello tra il Campidoglio e la Moreno Estate srl riconducibile appunto alla famiglia Armellini, inizialmente firmato per sei anni e che invece, tra corsi e ricorsi, si trascina fino ad oggi. Il caso scoppia nel 2014, quando il gruppo viene accusato – e l’allora giunta di Ignazio Marino avvia tutti gli accertamenti del caso – di non aver pagato, su quegli stessi immobili, le tasse sulla casa, Ici e Imu. Il Comune, a quel punto, interrompe anche ogni trattativa su un eventuale ritocco al rialzo del canone – circa 4 milioni 242 mila euro all’anno – e anzi disdetta il contratto senza però liberare gli appartamenti e così, da allora, si è ritrovato di fatto abusivo, destinato a pagare non più un affitto bensì un’indennità di occupazione, come del resto moltissimi dei suoi inquilini. Nel frattempo, la situazione si è sempre più degradata.
Le chiamano «case di sabbia» per un semplice motivo: si narra infatti che i costruttori, negli anni ’70, per risparmiare mischiarono il cemento con la rena delle vicine spiagge del lungomare. Leggenda o realtà, i palazzi firmati Armellini versano da decenni in condizioni fatiscenti, oltre mille appartamenti pericolanti, puntellati dalle impalcature, tra zero manutenzione, garage abitati e cornicioni crollati.
Non si contano gli allarmi e gli interventi dei vigili del fuoco nell’area. Degrado urbano e sociale in cui ha sguazzato comodamente il clan Spada: è nel feudo di Nuova Ostia che la famiglia di origine sinti gestiva, appunto, il racket delle case popolari. In via Umberto Cagni hanno piazzato un affiliato, cacciando l’inquilino; a via Marino Fasan ci sono i «cugini» Di Silvio, con tanto di parente agli arresti domiciliari. Stesse scene in via Baffigo, dove nel corso degli anni sono crollate persino le ringhiere dei balconi.
Oggi è però il tribunale amministrativo, accogliendo le
Motivazione
Gli alloggi, abitati da abusivi, devono essere liberati subito: maxi-risarcimento
richieste della società, a chiedere al Comune di voltare pagina. Si rinnova, anzitutto, l’ordine di liberare quelle case entro 90 giorni. Un bel problema per l’amministrazione, che non ha mai fatto mistero di non avere alternative soprattutto alla luce dell’epilogo degli ultimi bandi sui nuovi alloggi, falliti o ritirati. Secondo punto, il risarcimento per il Comune, che da creditore nel caso dell’Ici-Imu si ritrova debitore: Roma Capitale dovrà pagare circa 3 milioni di euro (8.977,96 euro al giorno) che si sommano ai 18 già riconosciuti dal Tribunale civile il 15 settembre 2017. In pratica i giudici contabilizzano, da quella data, un indennizzo giornaliero in ragione del mancato sgombero degli immobili. Il conto alla rovescia è partito.