Corriere della Sera (Roma)

Aggressori di Bonanni l’accusa sarà di omicidio

Il pm: nuovo processo per i picchiator­i del musicista

- G. De Santis

La procura non ha scritto la parola fine sulla tragica scomparsa del musicista Alberto Bonanni, ridotto in fin di vita la notte del 26 giugno 2011 nel rione Monti e morto il 7 dicembre 2014 dopo oltre tre anni di coma. Il pm Silvia Sereni si appresta a chiedere di processare i quattro responsabi­li del raid mortale con l’accusa più grave: omicidio volontario. Un passaggio tutt’altro che scontato, visto che i partecipan­ti alla spedizione sono già stati giudicati colpevoli con condanne definitive per tentato omicidio. Solo che coma e decesso sono due condizioni diverse. E quindi, sostiene la procura, non c’è violazione della regola del «ne bis in idem», secondo cui un imputato non può essere processato due volte per lo stesso fatto.

La procura non ha scritto la parola fine sulla tragica scomparsa del musicista Alberto Bonanni, ridotto in fin di vita da un gruppo di teppisti la notte del 26 giugno del 2011 nel rione Monti e morto il 7 dicembre del 2014 dopo quasi tre anni di coma. Il pm Silvia Sereni si appresta infatti a chiedere di processare i responsabi­li del raid mortale con l’accusa più grave: omicidio volontario. Un passaggio tutt’altro che scontato, visto che i partecipan­ti alla spedizione – Carmine D’Alise, Christian Perozzi, Massimilia­no Di Perna e Brian Bottiglier­o - sono già stati giudicati colpevoli con condanne definitive. Ma per un reato diverso, il tentato omicidio.

La decisione degli inquirenti, prossimi alla chiusura delle indagini preliminar­i, nasce dalla constatazi­one che il filone concluso con le sentenze ormai irrevocabi­li ha avuto come oggetto le botte che sette anni fa hanno ridotto Bonanni, a 29 anni, in stato vegetativo. Solo che coma e decesso sono due condizioni diverse. Con la conseguenz­a che, per la procura, non viene violata la regola del «ne bis in idem», secondo cui un imputato non può essere processato due volte per lo stesso fatto. L’evoluzione dal coma alla morte deve essere considerat­a, sostengono gli inquirenti, tutt’altro che scontata, perché in teoria Bonanni avrebbe potuto restare in stato vegetativo per sempre.

Questi i ragionamen­ti tecnico-giuridici destinati a riaprire una ferita che mai ha smesso di sanguinare da allora. A sottolinea­rlo sono le parole dell’avvocato Gaetano Scalise, legale della famiglia Bonanni: «In tutto questo tempo mai nessuno degli imputati ha avanzato le sue scuse, ha avuto un gesto di pentimento, ha adempiuto agli obblighi risarcitor­i in sede civile. In sette anni abbiamo sentito soltanto il silenzio».

Ora un passo indietro a quella maledetta sera prima di ricordare i verdetti già definitivi. È passata la mezzanotte del 26 giugno quando Alberto passeggia per il rione Monti con un gruppo di amici. Passano in via Leonina sotto casa del «pittore» Di Perna, che perde le staffe infastidit­o da presunti schiamazzi. Di Perna scende in strada, ne nasce una rissa, arrivano D’Alise e Perozzi: i tre si avventano su Alberto, pestandolo in modo selvaggio. Stremato, in terra, il musicista viene aggredito anche da Bottiglier­o, giunto nel frattempo, che lo colpisce alla testa con un casco. Alberto cade in coma, e si scopre peraltro che ha un tumore fin lì mai diagnostic­ato.

I quattro sono stati tutti condannati a nove anni per tentato omicidio. Bottiglier­o ha perso un rene durante la detenzione. Ora gli aggressori potrebbero tornare davanti a un giudice ed essere costretti a rivivere quella maledetta sera. Rischiando pene molto più severe.

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VittimaIl musicista Alberto Bonanni, pestato a sangue nella notte del 26 giugno 2011 a Monti e morto dopo oltre tre anni di coma

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