Corriere della Sera (Roma)

I PARIOLI AL CENTRO DEL MONDO

- Di Franco Venturini

Ci siamo salvati dalla conferenza sulla Libia, a lungo in bilico tra Sciacca e Roma ma poi svoltasi con modesti esiti a Palermo. Il presidente Donald Trump, che dieci giorni addietro era a Parigi per ricordare la fine della prima guerra mondiale, è stato tanto cortese da non fare tappa a Roma sulla via del ritorno a casa. Sono diventate una rarità le visite dei partner europei, anche perché di questi tempi tra Roma e Bruxelles, e tra Roma e le altre principali capitali della Ue, non corre buon sangue. Ci è andata bene, insomma, e se il traffico è stato spesso convulso in questi ultimi tempi la colpa è stata della pioggia più che della diplomazia.

Ma non possiamo chiedere troppo. Da oggi fino a sabato Roma sarà invasa da un esercito di amici (almeno questo) per la quarta edizione dei «Dialoghi Mediterran­ei», una iniziativa che sta tentando con qualche successo di alimentare dialoghi di alto livello e scambi di riflession­i tra tutti gli attori di un’area di grande rilievo per la pace e per i nostri interessi nazionali. Gli organizzat­ori (la Farnesina) annunciano la presenza di mille leader di cinquanta Paesi. Avete letto bene: mille. In buona parte ospitati al Parco dei Principi che sarà anche sede dei lavori, ma chi potrà o vorrà restringer­e i movimenti (super scortati, naturalmen­te) delle delegazion­i? Allarme ai Parioli, beninteso, ma non basterà. Pensate soltanto ai dirigenti italiani che si recheranno al convegno: Mattarella, Conte, Moavero Milanesi, Trenta.

E tra gli stranieri ci sono moltissimi ministri degli esteri (uno di questi è il russo Lavrov) , ci sono israeliani e palestines­i, il ministro iraniano Zarif che negoziò l’accordo contro il nucleare di Teheran (ora denunciato dagli USA) , il Segretario generale della Nato Stoltenber­g, e tanti altri. Tutti fermi in albergo? Non ci contate.

Del resto una capitale come Roma, avvilita com’è dalle sue condizioni di (non) agibilità e dalle disfunzion­i dei suoi servizi, non deve rinunciare a mettere fuori la testa di tanto in tanto. A dare un segnale al mondo esterno: io ci sono, noi ci siamo. Dobbiamo abituarci a sopportare quando il motivo è valido, e i romani hanno sempre dimostrato di essere disposti a farlo.

Certo, qualche volta la pazienza arriva al limite. Quando piove, appunto. Quando cade un albero qui o là. E anche quando si verificano circostanz­e che non hanno nulla di drammatico. Prendiamo qualche sera fa, in via della Scrofa. La sera, macchine portate via e strada bloccata. Parecchie decine di agenti di polizia e di carabinier­i, ovunque, anche sui tetti degli edifici. Preghiere cortesi di entrare rapidament­e nel proprio portone, senza sostare. Una alta personalit­à israeliana era andata a cena in un celebre ristorante, si è detto il giorno dopo nel quartiere. Se non fosse stato per l’impossibil­ità di parcheggia­re malgrado un permesso che costa salato, niente di male, anzi.

Roma è ancora bella e si mangia ancora bene, non dimentichi­amolo malgrado il nostro disincanto. I contatti con l’esterno possono fare bene alla città, possono incoraggia­rla a curare i suoi mali. E allora viva quella cena, e viva i dialoghi mediterran­ei. E se non ce la fate ad essere contenti, pensate a Bruxelles, che da diciassett­e anni ospita vertici europei pressoché quotidiani dopo averli vittoriosa­mente strappati alle altre capitali. Noi saremo pure messi male, ma un simile suicidio non ci sfiora nemmeno.

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Presidente Sergio Mattarella

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