Una vita da maître nel caffè degli artisti: «A Fellini servivo spremute di mandarini»
Una vita ai tavoli di Canova. «Il Maestro beveva spremute di mandarini Elsa Martinelli adorava i nostri gelati. La più sexy? Demetra Hampton»
Di mister Stevens, il maggiordomo più amato nei salotti letterari, ha lo stile compassato, il rigore, la riserme vatezza. «Vip ne ho conosciuti tanti - s’inorgoglisce al ricordo - però mai, nemmeno una volta, mi son preso una confidenza. Neanche per chiedere un autografo, o un selfie». Co- il protagonista di Quel che resta del giorno, pure per lui «la dignità, in un maggiordomo, ha a che fare, fondamentalmente, con la capacità di non abbandonare il professionista nel quale si incarna». Ma i paralleli finiscono qui. Il romanzo di Ishiguro era ambientato nella tediosa magione di un lord inglese, mentre qui siamo ai tavoli di Canova, il bar degli artisti di piazza del Popolo, storico concorrente di Rosati, la caffetteria dirimpetto...
«Da loro la domenica si ritrovavano gli intellettuali, Moravia, Pasolini, la Morante, oltre all’alta aristocrazia, che poi si trasferiva a pranzo al Bolognese. Da noi venivano gli attori, i registi, i divi della tv usciti dalla Rai, che all’epoca aveva la sede in via del Babuino».
Vita da maître, tra glamour e rimpianti, con l’orgoglio di esserci stato e aver allietato la pausa caffè a personaggi che hanno fatto la storia. «La vede questa sala? Cerchi di immaginarla prima della ristrutturazione». Mobilio d’antan, specchi, vasellame... «Al tavolo d’angolo, quasi tutti i giorni, sedeva Federico Fellini, accompagnato da Giulietta o da solo, con penna e taccuino. Mi chiamava con un cenno del capo ed era una grande emozione servirlo». Dissolvenza. Macchina indietro di 40 anni...
Quelli che hanno consentito ad Arcangelo Tranfa, detto Angelo, che iniziò ventenne al
Delfino, di coronare il suo sogno e, dopo essere stato commis, demi-chef e chef de rang, prendersi i gradi più alti di
maître de salle in uno dei locali-simbolo della capitale. Il che, con tutto il rispetto per i ciociari e per la tavola calda di largo Argentina, è un po’ come passare dal Frosinone alla Juve di Cristiano Ronaldo...
E dunque Roma com’era, quando al bancone si sorseggiava Martini Bianco e per digerire si ordinava un Cynar? «Dopo le prime esperienze, tra cui quella a The Top, il pub al Tritone dove conobbi Alessandro Turchini, famoso maître che aveva servito la principessa Soraya, trovai la mia strada».
Fine anni Ottanta, Angelo ci prende gusto... «Cercavo un impiego stabile e prestigioso e così mi presentai qui, chiedendo di parlare con le sorelle Bernardi, le signore Nanda, Diana e Dolly, che erano le padrone prima dell’attuale proprietario, l’imprenditore del caffè Giorgio Trombetta». Già, le tre Grazie... Arcangelo Tranfa, 59 anni, tra i tavoli del bar-ristorante Canova di piazza del Popolo (foto Andrea Panegrossi)
Forse non tutti sanno che nel dopoguerra il fondatore, cavalier Bernardi, intitolò il bar a Canova e fece incidere sui bicchieri l’immagine della scultura Le tre Grazie proprio in omaggio alle adorate figlie. Le quali, quand’ebbero di fronte quel cameriere tanto a modo, non esitarono. «Fui assunto subito, che soddisfazione!»
Il mondo visto con gli occhi di un maggiordomo (maior domus, colui che sovrintende alla gestione della casa) è colmo di dettagli da non trascurare. «Il maître istruisce il personale, supervisiona la sala, perfeziona la mise en place, dà un tocco in più all’apparecchiatura, bada che le sedie non siano troppo vicine, si assicura che i camerieri servano da destra e prima le signore, insomma fa in modo che tutto fili alla perfezione e che il cliente - nostro padrone assoluto - sia trattato
con rispetto, eleganza, riserbo». Sembra di vederlo, mister Stevens alle prese con lord Darlington... Ma cosa gradiva Fellini? «Ah, non tutti lo sanno! Il Maestro beveva solo spremute di mandarini. Lo staff faceva in modo che non mancassero mai. Stava una mezz’ora, scriveva, scherzava con noi e con i tanti in fila per omaggiarlo, magari sperando in una comparsata, e poi saliva su un taxi diretto a Cinecittà».
Quanti retroscena custodisce Angelo, il maître gentile che poi, quando se ne andavano, non mancava di salutarli nella chiesa degli Artisti, sulla stessa piazza. «La più cordiale è Claudia Cardinale. Una volta mi domandò: caro, tutto bene a casa? Ora vive in Francia. Di recente l’ho vista ai funerali di Pasquale Squitieri. Le ho fatto le condoglianze e lei s’è ricordata di me, è stata affettuosa». Le precedenti puntate
«La mia Roma», ovvero come è cambiata la capitale vista con gli occhi di un autista Atac (24 settembre), un tassista (1° ottobre), un giocattolaio (8 ottobre), un vetturino (14 ottobre), la fioraia del Verano (29 ottobre), l’ambulante di Porta Portese (2 novembre), la sarta Margherita (12 novembre)
Claudia e le altre. «Elsa Martinelli adorava il nostro gelato al cioccolato e aveva trasmesso la passione a sua figlia. La più sexy? Demetra Hampton. Ai tempi in cui interpretò Valentina arrivava con l’amico produttore, a colazione, e si lasciava dietro una coda di sguardi incantati...»
I big, i mostri sacri. «Vittorio Gassman mi chiedeva sempre una sigaretta, quasi scusandosi: Mannaggia, il dottore m’ha vietato di fumare, ripeteva». Mentre, per restare ai vizi, «a Marcello Mastroianni quanti whisky ho servito! Ordinava il Ballantine’s, mai altro. Spesso era da solo, nella saletta più appartata, taciturno e perso nel suo mondo, oppure con Enrico Toti, suo grande amico gallerista».
E allora, dallo scrigno dei ricordi, ecco affiorare il gruppo dei pittori di via Margutta, quelli «con i bizzarri berretti, le matite colorate nel taschino e l’immancabile bicchiere tra le dita», da Mario Schifano a
Regole e galateo «Serietà, riservatezza, eleganza, rispetto del cliente. Mai chiesto un autografo o un selfie»
Claudia Cardinale Affettuosa, gentile. Una volta mi domandò: caro, a casa tutto bene?
Marcello Mastroianni Quanti whisky gli ho portato! Veniva con il suo amico gallerista...
Vittorio Gassman Mi chiedeva le sigarette, il medico gli aveva proibito di fumare
I pittori «Schifano, Martini, Loyola e altri venivano da via Margutta e stavano qui per ore...»
Roberto Loyola fino a Mario Martini, «che dipingeva davanti alle chiese e, tra una chiacchiera e l’altra, la tirava lunga per ore».
Grazie, mister Stevens... Quanti ricordi, che nostalgia. Per Angelo il maître degli artisti è tempo di bilanci, la pensione non è lontana. «Sono stato fortunato - riflette passeggiando davanti ai ritratti di Fellini - mica capita a tutti... La vicinanza con personaggi importanti ti dà la motivazione giusta per fare bene il tuo lavoro e ti arricchisce culturalmente». Passiamo davanti al bancone. Si volta. L’ultimo guizzo. «Ancora non avete offerto un cocktail al signore?», esclama schioccando le dita. Passion fruit, prosecco e una fogliolina di menta. Prosit.