«Gli alti e bassi di Biancaneve», la favola secondo Emma Dante
Al Palladium lo spettacolo scritto e diretto dalla regista siciliana
Resta una favola ma si spoglia di ogni edulcorazione il classico dei fratelli Grimm Biancaneve e i sette nani nella trasposizione teatrale targata Emma Dante, Gli alti e bassi di Biancaneve, in scena al Teatro Palladium oggi con doppia replica alle 17.30 e alle 21 (l’ultima, aggiunta dopo il sold out della sala registrato in tempo record) e domani alle 17.30 nell’ambito del festival Flautissimo diretto da Stefano Cioffi (piazza Bartolomeo Romano 8, www.teatropalladium.uniroma3.it).
Una versione lontana anni luce da quella disneyana. Rivista e corretta con sguardo pragmatico e un pizzico di noir, in cui ad esempio i nani sono minatori siciliani che hanno perso le gambe per un incidente in miniera. «Nella loro statura e nelle sproporzioni delle cose — commenta la Dante — Biancaneve scoprirà i veri valori della vita. I nani le insegneranno ad abbassare lo sguardo ed essere umile, mentre la regina le insinuerà nell’anima il pericolo di uno sguardo diritto verso l’esaltazione del proprio io».
Da qui il titolo dello spettacolo, incluso nella sua trilogia di riletture dell’universo favolistico Le Principesse di Emma (con Anastasia, Genoveffa e Cenerentola La bella Rosaspina
eaddormentata). «C’è l’alto che si fa basso — dice la regista — e il basso che si fa alto nel mondo di Biancaneve. Al contrario di Alice nel paese delle meraviglie, che cresce e rimpicciolisce continuamente, Biancaneve vede alzarsi ed abbassarsi il mondo intorno a lei circondato da creature buone e cattive che l’aiutano a diventare grande». Con il basso che appare sinonimo di bontà e l’alto in cui spiccano invece invidia e malvagità.
La Dante ne firma anche drammaturgia, scene e costumi, mentre chiama Italia Carroccio, Davide Celona e Daniela Macaluso a recitare su un palco dove «tutto è sproporzionato — conclude — come all’inizio sono le cose viste dai bambini. I loro occhi, sgombri da forme convenzionali, vedono grande e spaziosa una stanza dove da tempo noi ci sentiamo prigionieri».