Desirée, «degrado inaccettabile per un Paese civile»
Il Riesame: «Non c’era la volontà di uccidere»
Le motivazioni del Riesame su Desirée Mariottini: «Un episodio di eccezionale gravità avvenuto in un contesto di degrado umano e sociale inaccettabile ed indegno di un Paese civile». Ma a carico del nigeriano Chima Alinno non può essere riconosciuto l’omicidio volontario perché manca la prova dello spaccio.
«Un episodio di eccezionale gravità avvenuto in un contesto di degrado umano e sociale inaccettabile ed indegno di un Paese civile». Così il Riesame descrive la morte di Desirée Mariottini nell’ordinanza con cui conferma il carcere per il 47enne Chima Alinno. Una decisione che ha fatto molto discutere perché non riconosce l’accusa di omicidio volontario.
«Emerge in maniera generica che Alinno si dedicasse allo spaccio in via dei Lucani, ma nessuno ha sostenuto di aver visto Sisco dare droga alla povera vittima», argomenta il tribunale nelle attese motivazioni depositate ieri sulla decisione di 20 giorni fa. In sostanza, per contestare l’omicidio volontario sul presupposto del dolo eventuale — come fa la procura — serve la prova che l’indagato abbia ceduto droga alla ragazza accettando il rischio di metterne la vita in pericolo. Scrivono i giudici: «Non possono dirsi acquisiti gravi indizi di colpevolezza neanche per l’omicidio volontario: la morte infatti non può essere ritenuta in alcun modo conseguenza di un’azione volontaria dell’indagato». Più corretta, per la corte, è la formulazione dell’accusa di «omissione di soccorso aggravata dalla morte». In questo senso sono univoche le testimonianze circa la volontà dei quattro indagati di non chiamare un’ambulanza per evitare il carcere.
Di contro, va accolta senza dubbi la contestazione di violenza sessuale: «Alinno, che non ha esitato ad approfittare di una 16enne in stato di incoscienza, dimostra una particolare propensione al delitto, in una situazione di emarginazione sociale ed umana».
Come per il nigeriano Alinno, anche il senegalese Brian Minteh era stato alleggerito in questa fase processuale dell’omicidio. Stessa linea con cui il Riesame di Bari ha respinto la scarcerazione del ghanese Yusif Salia (arrestato a Foggia), ma solo per la violenza sessuale. L’accusa più grave resta invece in piedi per
l’altro senegalese, Mamadou Gara. Ma dopo i provvedimenti di urgenza emessi allora, i pm Maria Monteleone e Stefano Pizza stanno ancora lavorando all’acquisizione di nuove prove. Tra queste, le impronte sulla vittima e una testimonianza inedita ritenuta di grande valore.