Tirature minori, ma vocazione a sperimentare e allo scouting
Ascorrere la lista dei romani presenti alla Fiera dei piccoli e medi editori che si conclude oggi alla Nuvola dell’Eur, si rimane stupefatti per la varietà, la ricchezza,il numero: circa duecento aziende (i «minori» hanno un fatturato massimo di dieci milioni di euro) che costituiscono l’ossatura del settore in Italia, per la maggior parte in salute.
Una sfilza di nomi più o meno noti, che fa dire ad Annamaria Malato, presidente della kermesse Più libri più liberi: «Il Lazio è la capitale della piccola e media editoria. Per diciassette anni, con la nostra rassegna abbiamo contribuito a regalare un’identità unica a realtà sparse. Siamo una fiera nazionale». I dati Nielsen confermano: mentre il mercato del libro dopo tre anni di crescita nei primi dieci mesi dell’anno vede comparire il segno meno (-0,9%) nei canali trade (librerie, store online senza Amazon, grande distribuzione), la piccola e media editoria sale di tre punti, arrivando ad occupare il 42% del mercato. Vuol dire che più di una copia su tre di quelle vendute nel 2018 è di un piccolo o di un medio. Roma è il bacino privilegiato di questa fascia di mercato (i big come noto si concentrano al Nord). E un cauto ottimismo aleggia fra gli imprenditori locali.
In assenza di grandi capitali, a dare forza sono le capacità di innovare, ricercando autori poco noti e temi poco sfruttati. E/O ha conosciuto un vero e proprio exploit con i libri di Elena Ferrante. Un caso mondiale, romanzi tradotti in tutti il mondo. Con quel nome difficile, la casa editrice 66thand2nd di Isabella Ferretti e Tomaso Cenci dal 2009 propone generi letterari in voga negli Stati Uniti, da noi sottovalutati.