Divina e attrice Vivien Leigh, una vita in mostra
Omaggio alla Casa del Cinema con fotografie, manifesti d’epoca, brochure, libri e copertine
Indimenticabili i suoi occhi in lacrime — quelli di Rossella O’Hara appena scaricata da un irremovibile Rhett Butler (Clarke Gable) — mentre recita una delle battute più celebri della storia del cinema: «Dopo tutto domani è un altro giorno», in un’interpretazione che le valse l’Oscar nel 1940 come miglior attrice per Via col vento di Fleming.
Vivien Leigh, che l’American Film Institute inserisce al sedicesimo posto della classifica delle più grandi star femminili di tutti i tempi, da oggi al 10 gennaio è la protagonista della mostra Aspettando Via col vento… curata alla Casa del Cinema da Giulio D’Ascenzo e Elisabetta Centore per l’Associazione Teatroantico Vivien Leigh e Clark Gable nella locandina di «Via col vento». Il ruolo di Rossella O’Hara valse all’attrice il suo primo Premio Oscar nel 1940 (largo Mastroianni 1, ingresso gratuito, tel. 060608, www.casadelcinema.it).
Esposta una carrellata di manifesti d’epoca, brochure, libri, riviste e fotografie che ne raccontano sia la carriera sfavillante da diva di Hollywood che quella meno popolare — ma straordinaria — da attrice teatrale. Fu proprio a teatro che nacque il personaggio di Blanche Dubois, con cui conquistò il secondo Oscar nel 1951 diretta da Elia Kazan in Un tram che si chiama desiderio accanto a Marlon Brando. L’attrice, infatti, portò in scena quel ruolo già dal 1949, per ben 326 repliche, prima di essere scritturata per la versione cinematografica del dramma di Tennessee Williams. Una parte da cui non riuscì mai a liberarsi, tanto che la leggenda vuole che i medici che la visitarono poco prima della sua morte, nel 1967, domandandole se ricordasse il suo nome si sentirono rispondere: «Ma certo, il mio nome è Blanche Dubois!».
La lista dei personaggi che la Leigh rese memorabili è lunga: c’è l’adorabile ballerina Myra sconvolta dal conflitto mondiale ne Il ponte di Waterloo, la Cleopatra lussureggiante del film di Pascal Cesare e Cleopatra, l’Anna Karenina di Tolstoj nella versione diretta da Duvivier e anche la controversa diva sul viale del tramonto de La primavera romana della signora Stone, girato in Italia da Quintero. Ma il più amato resta Rossella O’Hara, a cui la mostra dedica un’intera sezione nella quale si ricorda come l’attrice sbaragliò le altre candidate al ruolo (Paulette Goddard, Jean Arthur e Joan Bennett), poi le riprese estenuanti, le liti con il regista e il cast, a partire da Gable (che lei si rifiutò addirittura di baciare costringendo la produzione modificare il copione originale). Infine la mostra rende giustizia alla sua bellezza, che il marito (e collega), il leggendario Sir Laurence Olivier, definì così: «Era seducente e nel modo più perturbante che avessi mai incontrato».