Rizzitelli: Eusebio, ma di quali deficit mentali parli?
«Non uso i social. Ma veramente ho scatenato tutto questo?». Basta cercare Rizzitelli su Twitter per rintracciare lo sfogo nel post partita di Cagliari-Roma dell’ex attaccante giallorosso.
Parole dure («I problemi di testa ce li può avere chi guadagna 800 euro al mese, non questi giocatori, ma di che c... stiamo parlando?»), pronunciate oltretutto sul canale ufficiale del club. C’è chi lo vorrebbe addirittura allenatore al posto di Eusebio Di Francesco; ad altri, invece, basterebbe che quel minuto virale venisse fatto ascoltare nello spogliatoio.
Rizzitelli, ha ricevuto telefonate da Trigoria dopo questo sfogo?
«No, e non è mai successo in quattro anni che lavoro per RomaTv. Per questo, devo ringraziare la società, perché nessuno è mai venuto a dirmi cosa devo o non devo dire. Il mio è stato uno sfogo di pancia, perché prima di essere un opinionista sono un tifoso».
Un tifoso particolarmente arrabbiato...
«Avvelenato, direi. Se quando avevo 20 anni mi avessero detto che il problema era la testa, mi sarei incavolato di brutto. Avrei preferito che mi avessero dato della pippa o del montato. Dire che è una questione di testa è come sparare nel mucchio, non si dà la responsabilità a nessuno. Se fosse davvero un problema di testa, in Italia ci dovrebbe essere un suicidio di massa».
È questo il riferimento a chi guadagna 800 euro al mese?
«Esatto. Quelli sono i motivi dei problemi di testa».
La novità è il ritiro: soluzione utile?
«Penso di sì. Perché la partita contro il Viktoria Plzen a qualcosa serve, la Roma non può permettersi un’altra figuraccia. E poi ci sono dei soldi in palio. Posso raccontare un aneddoto?».
Prego.
«Giocavo nel Bayern Monaco, ed eravamo già qualificati al turno successivo. Un giorno arrivò Uli Hoeness nello spogliatoio, non l’ultimo scemo, perché ci aveva visto scherzare prima di una partita. Riunì la squadra prima che parlasse Trapattoni, dicendoci che con un atteggiamento sbagliato in campo sarebbe saltato il premio qualificazione che avevamo pattuito. Ma nel caso della Roma, i soldi non contano: conta la faccia».