Visionario Re Lear, solo e in volo su un sottomarino
Da stasera lo spettacolo dei visionari Marcido Marcidorjs Tratto da Shakespeare, mostra un re anziano e «schiavo d’amore»
Uno spettacolo sulla vecchiaia. Marcido Marcidorjs e Famosa Mimosa approdano al Teatro Vascello, da stasera a domenica, dopo il debutto allo Stabile di Torino, con Lear, schiavo d’amore. Si tratta di una riscrittura di Marco Isidori dal Re Lear di William Shakespeare. «La scena, disegnata da Daniela Dal Cin, è un sottomarino volante - esordisce l’autore, regista e anche protagonista nel ruolo di Lear - Un ossimoro, un contrasto assoluto! Perché i sottomarini non volano».
Una riscrittura che si annuncia soprattutto come una grande metafora scenica degli inciampi ineludibili della vecchiezza umana: «La fabula è quella originale, la trama viene rispettata, però l’ho riscritta in versi, pur mantenendo il percorso cronologico dei fatti narrati dall’autore. Il personaggio shakespeariano è un uomo vecchio e, in quanto tale, è schiavo d’amore, lo richiede alle sue figlie, ma è un amore che non può avere: quando si è vecchi, chiedere amore è una faccenda complessa e infatti verrà ingannato dalle due figlie, Goneril (Maria Luisa Abate) e Regan (Batty La Val), che glielo assicurano, attirate in realtà solo dai suoi averi; mentre l’unica delle figlie, la minore Cordelia, la più onesta, che glielo rifiuta, dicendo al padre la verità e cioè che l’amore per un padre è parziale, è la reietta e viene diseredata».
Un sottomarino che non può volare è come un vecchio che non può essere amato. «E proprio per questo impazzisce dalla rabbia, quando si rende conto della presa in giro delle due figlie maggiori, comprendendo di aver preso una pessima decisione: la sola, infatti, che alla fine avrà pietà di lui è Cordelia».
Perché uno spettacolo sulla vecchiaia? «Perché anche Marcido sta invecchiando - ribatte Isidori - Sembra quasi impossibile per una compagnia di modeste dimensioni come la nostra, ma sono 32 anni che frequentiamo la scena, stiamo diventando vecchietti e in qualche modo stiamo cambiando. Ci rendiamo conto che, per raggiungere il pubblico, occorre abolire se stessi, per arrivare da qualche altra parte. Siamo diventati più leggibili, senza tradire il nostro stile».
Uno stile che mira sempre a sorprendere. «Esattamente. Siamo nemici del teatro-sonnifero. Io vado spesso a vedere spettacoli di altri colleghi e, quando sento che mi sto annoiando, penso a come evitare la noia ai nostri spettatori. Anche perché - continua Isidori il nostro è un pubblico giovanile. I Marcido rappresentano forse l’ultimo gruppo teatrale alla ricerca di un... teatro ulteriore... un teatro, cioè, che possa dire qualcosa dell’oggi, testimoniando il disagio del presente».