Dal fornaio all’Inps, ecco chi sono i 14mila creditori Atac
Tra 7 giorni il parere sul piano industriale: ripianare 1,5 miliardi in 30 anni
Dalla Coop 29 Giugno che fu di Salvatore Buzzi a una trentina di bar, pasticcerie, fornai. Da stimati professionisti del diritto a colossi dell’industria privata (ThyssenKrupp) e statale (Fs, Poste). Sono quasi 14mila i creditori di Atac che il 19 dicembre dovranno esprimere il loro parere sul concordato già approvato dai giudici.
Dalla Coop 29 Giugno che fu di Salvatore Buzzi a una trentina di bar, pasticcerie, fornai. Da stimati professionisti del diritto a colossi dell’industria privata (ThyssenKrupp) e statale (Fs, Poste). Se tutti dovessero rispondere presente, l’adunanza dei creditori Atac convocata per il 19 dicembre avrebbe bisogno di una piazza cittadina di media grandezza per contenerli. I numeri racchiusi nelle liste diramate dal tribunale fallimentare, che ha in carico il concordato della municipalizzata dei trasporti, sono enormi: oltre 11.800 dipendenti, 1.056 creditori chirografari, oltre 200 tra quelli privilegiati. Settecento utenti da rimborsare a vario titolo. Tutti insieme si ritroveranno a votare il piano industriale di rientro già approvato dai giudici: 1,5 miliardi da ripianare in 30 anni.
Ma è nelle singole righe che si racconta la storia del profondo rosso delle casse aziendali. Spese ridondanti, a volte di difficile giustificazione, molto più spesso necessarie, ma a conti fatti non sempre utili, visto lo stato in cui versa Atac oggi.
E allora, sorvolando sulle macerie di anni di malagestione: oltre alla 29 Giugno (30 mila 809 euro), tra le coop vantano crediti il Museo dei bambini onlus (2.800 euro) e la Ciclat degli ausiliari del traffico (9,7 milioni). L’Associazione Martiri di Nassiriya, composta da carabinieri in congedo, attende 196.782 euro per il progetto «Presenza Amica», ossia il servizio di vigilanza a bordo dei bus e nelle stazioni della metropolitana (e nel museo Atac di piazzale Ostiense) a tutela di passeggeri, autisti e personale non viaggiante. Nell’ambito della comunicazione, l’Associazione stampa romana è in arretrato di 464 euro e l’agenzia Dire di 5.600. La Gommeur, finita poi al centro di inchieste penali per una presunta truffa sulla fornitura di pneumatici è in credito per 2,2 milioni. Quattrocento quaranta li attende il calzaturificio Monte Bove, 1.500 la Caritas, 117 mila il comando provinciale dei vigili. E poi un’agenzia di viaggio, un pennellificio, l’Osteria Trastevere (895 euro), lo show Psychiatric Circus (2.500 euro), il Teatro dell’Orologio (1.500), il Comune di Morlupo (223).
Il voto del 19 dicembre verrà pesato anche in base alla grandezza del credito vantato. Così si va da cifre irrilevanti come i sei centesimi di rimborso a un dipendente ai 729 mila euro dell’avvocato Giuseppe Lepore, esperto in diritto degli appalti.
Il via libera al piano industriale dell’azienda capitolina guidata oggi da Paolo Simioni si regge anche sul «buon andamento della società nel trimestre gennaio-marzo 2018», hanno sottolineato i giudici. Ed è improbabile che i creditori lo boccino contro i propri stessi interessi, per riavere subito — secondo i patti — almeno il 30 per cento di quanto spetta loro.
In parallelo, intanto, continuano a correre le inchieste della procura, che sta scavando sulle responsabilità di amministratori delegati, consiglieri, presidenti ed ex componenti del collegio sindacale (dal 2003 fino al 2016) sull’ipotesi della bancarotta. La richiesta di concordato in continuità con i creditori equivale di fatto a una dichiarazione di insolvenza.
Inchieste
Intanto la procura scava sulle responsabilità dei vertici aziendali dal 2003 al 2016