I progetti, i boss e i politici
Giudizio I due principali imputati «hanno avuto contatti e esercitato pressione per nomine e posti chiave del Comune»
Massimo Carminati e Salvatore Buzzi «ebbero contatti ed esercitarono pressione per le nomine e i posti chiave dell’amministrazione Capitolina avendo interesse alla elezione e alla collocazione di soggetti affidabili nei ruoli decisionali». È uno dei passaggi chiave nelle motivazioni con cui la corte d’Appello riconosce l’associazione mafiosa.
«Salvatore Buzzi conferì l’organizzazione delle cooperative e il collaudato sistema di corruttela e Massimo Carminati i contatti con gli ambienti della destra che venivano dal suo passato e soprattutto la sua forza di intimidazione. Questo disegno trovò terreno favorevole nei comportamenti dei numerosi politici e funzionari compiacenti». La descrivono così, i giudici della III Corte d’appello, l’associazione criminale del Mondo di mezzo sulla quale, ribaltando la sentenza di primo grado, hanno apposto i sigilli della mafiosità per 18 dei 43 imputati. Mafia Capitale, appunto, che fu, secondo le motivazioni dei giudici una «collaudata» organizzazione con le caratteristiche tipiche del 416bis: «La forza di intimidazione espressa dal vincolo associativo e la condizione di assoggettamento ed omertà che ne deriva».
La pene più alte affibbiate l’11 settembre sono quelle per l’ex Nar Carminati (14 anni e sei mesi) e per il ras delle coop Buzzi (18 anni e 4 mesi). La loro azione delinquenziale fu «la risultante di due progetti espansionistici: quello di Carminati che, utilizzando la forza criminale del gruppo di corso Francia e la sua capacità di intimidazione voleva inserirsi anche nel settore amministrativo e imprenditoriale di cui Buzzi era espressione e quindi accedere dai reati di strada al “mondo di sopra”, e il progetto di Buzzi che voleva utilizzare la fama criminale di Carminati e i rapporti di amicizia e la comune militanza politica che quest’ultimo aveva avuto in passato con la destra».
Per i magistrati della Corte d’appello, inoltre, i due principali imputati «ebbero contatti ed esercitarono pressione per le nomine e i posti chiave dell’amministrazione capitolina». Interventi, questi, «significativi della forza prevaricatrice dell’associazione nei confronti dei pubblici amministratori, mentre l’eliminazione dei personaggi scomodi è una forma di prevaricazione esercitata anche nei confronti degli imprenditori».