Montanari interrogata, faro sulla manutenzione
Il pm convoca l’assessora e gli operai della struttura
Si cerca l’innesco. Si verificano le falle nel sistema di sorveglianza. Ma si studiano anche i punti deboli della manutenzione, responsabile, secondo gli esperti, del fenomeno miasmi che ammorbano i residenti della zona.
E ancora: si acquisiscono le testimonianze di operai e vigilanti che erano all’interno dell’impianto alle quattro del mattino di martedì quando è scoppiato l’incendio dal quale si è sollevata la nube di sostanze tossiche. Si ascoltano persone informate sui fatti, come ad esempio l’assessora capitolina all’Ambiente, Pinuccia Montanari, che ha fornito le coordinate per comprendere sia i numeri che il funzionamento dell’impianto. Si censiscono i varchi nella rete metallica che, teoricamente, dovrebbe essere impenetrabile, mentre in realtà risulterebbe bucata in un punto e fragile altrove.
I magistrati Nunzia D’Elia, Luigia Spinelli e Carlo Villani ipotizzano al momento un disastro colposo, dunque una matrice accidentale per quanto accaduto a Roma Nord. Ma non escludono la matrice dolosa, per la quale farebbero propendere almeno due elementi. Il primo: le telecamere rotte dal 7 dicembre scorso (un malfunzionamento propedeutico a un’azione di sabotaggio? Può darsi) e ora poste sotto sequestro. Il secondo: il fatto che l’incendio, almeno secondo una prima ricognizione, si sarebbe sviluppato sulla cima dei rifiuti anziché alla base come sarebbe invece avvenuto nel caso di un fenomeno accidentale di autocombustione. D’altro canto, contro quest’ipotesi ci sono altrettanti elementi. Primo: i vigilantes hanno riferito di non aver notato qualcuno attorno alla vasca da cui si sono sviluppate le fiamme. Secondo: un precedente incendio (2015), denunciato dall’Ama come doloso, si è rivelato alla fine di un’approfondita inchiesta un banale cortocircuito. E benché le circostanze siano differenti, non è scontato che anche in questo caso non si sia trattato di un innesco colposo.
Per scoprirlo tuttavia bisognerà attendere che i vigili del fuoco riescano a penetrare fino al centro del deposito. La brace fra i rifiuti c’è ancora, il fumo continua a uscire dal tetto del silos, mentre i pompieri hanno piazzato un interferometro su una parete dell’edificio annerito dalle fiamme: lo
Trattamento Verifica sulle attività per mantenere efficiente il centro di raccolta
L’accusa
Si procede per disastro colposo ma è allo studio l’ipotesi di sabotaggio
strumento è in grado di segnalare spostamenti della struttura anche solo di poche decine di millimetri e può quindi consentire ai soccorritori di lavorare in sicurezza - addentrandosi nel capannone - dando loro la possibilità di uscire in tempo in caso di crollo. E i crolli parziali del silos, dopo il sopralluogo di ieri mattina, sono ritenuti possibili visto che il calore intenso sprigionato dalle fiamme ha indebolito sensibilmente le travi in cemento armato a contatto con il cumulo di rifiuti bruciati, alto ben nove metri.
Almeno fino a ieri sera comunque le squadre impegnate nella rimozione delle scorie carbonizzate non hanno notato bruciature più incisive tanto da far pensare a inneschi, nè presenza di sostanze acceleranti. Ma da analizzare, oltre ai resti di veicoli cingolati, macchinari e nastri trasportatori andati a fuoco, c’è sempre il braccio metallico di una gru infilato nell’immondizia: è bruciato anch’esso. E non si esclude possa essere l’innesco.