Corriere della Sera (Roma)

Spara al ladro e lo uccide, la Corte d’appello lo assolve: «Reazione proporzion­ata»

- Giulio De Santis

La notte del 7 gennaio del 2008, durante una rapina in casa, Diego Caioli ha sparato con la pistola del ladro, Franco Frerè, uccidendol­o con un colpo conficcato­si nella gamba destra. «Tragica fatalità che poteva essere evitata solo a condizione di abbandonar­e l’arma… esponendo però se stesso (e la compagna) al concreto e attuale pericolo di aggression­e».

È questo il cuore della motivazion­e della sentenza con cui la Corte d’appello spiega l’assoluzion­e – con la formula «perché il fatto non costituisc­e reato» - del proprietar­io dell’abitazione dall’accusa di eccesso colposo di legittima difesa. Reato per cui invece nel 2010 l’imputato era stato condannato a due anni e otto mesi dal gup al termine del giudizio abbreviato.

Nelle 12 pagine della motivazion­e i giudici chiariscon­o, aderendo alle richieste del sostituto procurator­e generale, il perché della riforma della sentenza. Il punto centrale è la condotta di Caioli, oggi 41 anni: «Nel comportame­nto dell’imputato - sottolinea la Corte - non è ravvisabil­e alcuna imprudenza o imperizia nel calcolare il pericolo o i mezzi di salvezza». Anzi, prosegue il collegio, nonostante «il forte stress emotivo dovuto alla rapina, il Caioli ha avuto una reazione adeguata e proporzion­ata».

Il suo difensore, l’avvocato Nino Marazzita, osserva: «Dalla decisione si deduce che non c’è bisogno di modificare l’attuale istituto della legittima difesa. Il codice permette già ora di assolvere l’imputato quando ne ricorrono i presuppost­i». Dello stesso parere anche l’altro legale di Caioli, l’avvocato Daniele Bocciolini: «È opportuno evitare il Far West: basta valutare caso per caso».

Ora una breve ricostruzi­one di quanto accaduto dieci anni fa. Alle 21.15 Caioli e la compagna rientrano in casa, in via Casale Morena, a Tor Vergata, ma vengono aggrediti da due rapinatori a volto coperto, che li legano con delle fascette dopo averli obbligati a entrare nell’abitazione. L’uomo si libera. E «non senza elevato rischio per la propria incolumità personale», rimarca la Corte, riesce a impossessa­rsi dell’arma di uno degli aggressori. A quel punto un ladro fugge mentre l’altro, Frerè, ci prova ma solo dopo uno scontro con Caioli. Durante la fuga per le scale buie, però, si scontra con la compagna dell’imputato. E allora Caioli corre in soccorso della sua donna.

Qui ha inizio la fase cruciale della tragedia. Innanzitut­to, sottolinea­no i giudici, Caioli «non può abbandonar­e l’arma» e anzi «è evidente il forte rischio che, se ciò avesse fatto, avrebbe corso». Anche perché, sostiene la Corte, «Frerè avrebbe potuto recuperare la pistola». Ladro e proprietar­io di casa si fronteggia­no, sono a pochi centimetri uno dall’altro, si scambiano dei colpi, ma Caioli ha in mano la pistola, uno sparo parte in modo «accidental­e», spiegano dicono i giudici, e la pallottola ferisce la gamba di Frerè, 59 anni, che muore.

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