John Scofield, una chitarra jazz senza limiti
L’americano John Scofield in concerto stasera al Parco della Musica Solo sul palco attraverserà i suoi primi cinquant’anni di carriera
L’improvvisazione è lo spirito del jazz? «Penso sia lo spirito della vita…», risponde John Scofield, alla vigilia di una nuova sfida. Siccome, nella vita, c’è sempre una prima volta, eccolo misurarsi in questi giorni in una dimensione del tutto inedita, per lui. E che, all’improvvisazione, può offrire davvero il massimo sfogo. Un tour in solitario. «Mi era capitato giusto in un paio di concerti – conferma il chitarrista di Dayton, Ohio – ma questa è la mia prima, vera tournée da solo. Sono molto emozionato. Negli ultimi 50 anni o giù di lì, la mia abitudine è stata suonare in band… ma non vedo l’ora di affrontare l’esperienza. Ci pensavo da tempo. E mi sono esercitato molto. Sono davvero pronto».
Stasera, in sala Sinopoli, all’Auditorium, la tappa romana. Ogni esperienza nuova produce nuovi stimoli, idee, adrenalina... E magari - azzardiamo anche consapevolezza dei propri limiti: «Essere un musicista ti obbliga a confrontarti con i tuoi limiti. Solo imparare a suonare uno strumento - osserva - produce tutto questo. Quindi non è una novità per me. Più suoni, più espandi ciò che puoi fare. Ed ho l’impressione che questa esperienza stia ampliando le mie possibilità».
Ha compiuto da poco 67 anni, Scofield. Il suo ultimo album è Combo 66. A parte il riferimento anagrafico, il titolo suonava bene a John sia per le assonanze con il brano di Mendes,
Brasil 66, che con un fascino «on the road» come quello della Route 66, «sempre molto cool». Due Grammy li aveva conquistati con il precedente Country For Old Man, miglior album e miglior brano (I’m So Lonesome I Could Cry) di jazz strumentale, anno 2017. Nel mezzo di questi due progetti da leader, un lavoro come Hudson, inciso con una di quelle band – un quartetto con DeJohnette, Grenadier, Medeski - che non è esagerato definire super.
Tra le frequentazioni più note, in quel mezzo secolo di attività cui faceva riferimento, Scofield ha militato nelle band
di Gerry Mulligan e Chet Baker, George Duke e Billy Cobham, Charles Mingus e Gary Burton. In anni più recenti ha scelto come compagni si strada solisti che considera numeri uno dei propri strumenti, come il sassofonista Joe Lovano e il batterista Bill Stewart.
Uno snodo di carriera unico, resta però quella prima metà
degli anni 80 trascorsa con Miles Davis. In quelle band, in album come Star People, Decoy, You’re Under Arrest, Scofield ha giocato un ruolo centrale. Anche firmando pezzi di grande fascino blues come That’s Right. «Quella composizione ricorda Scofield - è nata una di quelle volte in cui a casa di Miles si stava suonando qualcosa più di un paio di accordi... Lo ha registrato e la mia improvvisazione è diventata la melodia che seguono il sassofono e la chitarra. Altrimenti è solo una cosa del tipo un blues lento con due accordi».
Jazz & vita
«Sono convinto che l’improvvisazione rappresenti lo spirito di un’intera esistenza»