Cukor e le sue attrici, sensuali e ironiche
All’Alphaville da mercoledì, i film del «regista delle donne» in occasione di San Valentino
Il cinema di George Cukor — il regista della «sophisticated comedy», dei rapporti sentimentali, delle schermaglie amorose — è il più adatto per trascorrere un San Valentino non melenso. Grande protagonista dell’età d’oro di Hollywood, una a carriera lunga cinquant’anni, questo ebreo newyorkese di origini ungherese solo nel tempo è stato consacrato come regista arguto, elegante, colto, che dietro la leggerezza e l’ironia dei suoi film nascondeva anche una critica alle ipocrisie di Hollywood e di una certa America, denunciava alla sua maniera le differenze di classe, il puritanesimo della provincia, il moralismo ipocrita.
Maestro della commedia brillante ha vinto il suo unico Oscar con un musical — My Fair Lady nel 1964 — protagonista Audrey Hepburn, una delle tante attrici che lui valorizzò. Perché Cukor è stato «il regista delle donne» — dolci, sofisticate, ironiche, indipendenti, testarde, inquiete, ribelli.
La mini rassegna «Quel certo sentimento» al cineclub Alphaville si apre con due film che vedono protagonista Katharine Hepburn, la sua primadonna ideale (e grande amica) con la quale Cukor girò una decina di film. Mercoledì Il diavolo è femmina (Sylvia Scarlett) del 1935 con Cary Grant a fianco di Katharine travestita da ra- gazzo, avvolta in quell’ambiguità sessuale cara al regista; accolto freddamente, il film è considerato oggi fra i più moderni di quell’epoca. Giovedì, Scandalo a Filadelfia (The Philadelphia Story) del 1940, ancora la Hepburn e Cary Grant a fianco di James Stewart (premiato con l’Oscar): un triangolo amoroso in un mondo di ricchi eccentrici e capricciosi; i protagonisti divorziano, filtrano con altri partner e poi tornano insieme secondo i canoni della «comedy of remarriage», per aggirare il Codice Hays che proibiva di mostrare l’adulterio. Considerata il classico dei classici della commedia sofisticata, la pellicola è conservata nella Biblioteca del Congresso degli Stati Uniti.
Cukor lanciò anche Judy Holliday, la pupa del boss, la bionda svampita ma tutt’altro che stupida di Nata ieri del 1951 (si vedrà venerdì), premiata con l’Oscar. Sabato, In viaggio con la zia del 1972, dal romanzo di Graham Greene, con la trentenne Maggie Smith nel ruolo di un’eccentrica ottuagenaria in un turbine inarrestabile di avventure pericolose.
Chiude domenica Ricche e famose del 1981 con Jacqueline Bisset e Candice Bergen, l’addio di Cukor che morì nel gennaio del 1983: ancora due indimenticabili ritratti femminili, la storia di amore-odio fra due scrittrici, amiche dal college. Film moderno, adorabile, crudele, superati gli ottant’anni il regista finalmente si concede la libertà di rendere esplicita la cattiveria e la sensualità che percorre il suo cinema.