Corriere della Sera (Roma)

Obbligava i figli a studiare il Corano in arabo

Maltrattam­enti in famiglia il reato contestato. Ai bambini vietata la religione (cattolica) della moglie

- Giulio De Santis

Ha obbligato i figli a imparare il Corano e ripeterne i versetti in arabo. E ha imposto loro di non apprendere la religione della madre (cattolica). Ha anche rifiutato la cura dei figli perché roba «da donne». Imprendito­re libanese condannato a tre anni.

Dall’obbligo imposto ai figli di imparare il Corano e ripeterne i versetti in arabo. Passando per il diktat ai due bambini di non «apprendere la religione (cattolica) della moglie». Fino al rifiuto di occuparsi dei bimbi perché incombenza «da donne». Sono alcuni dei comportame­nti imputati a un libanese, 52 anni, nei confronti della (ex) compagna e dei loro figli, che hanno valso all’uomo una condanna a tre anni per maltrattam­enti.

È stato un processo scandito da udienze sofferte. Due sono state necessarie per la testimonia­nza della donna – dirigente di un’organizzaz­ione dell’Onu – che ha ricordato gli anni del matrimonio e i primi mesi della separazion­e interrompe­ndosi più volte in lacrime. Eppure la relazione – ha ricordato la signora in aula era nata sotto i migliori auspici. L’imputato, imprendito­re di religione musulmana, si era presentato come una persona aperta allo scambio culturale, privo di pregiudizi riguardo alla fede professata dalla moglie 45enne.

E, infatti, i primi anni procedono senza ostacoli. La coppia vive felice, nascono i due bambini, uno nel 2007 e l’altro nel 2010. Due anni dopo però qualcosa cambia, il reciproco scambio culturale s’interrompe e il marito inizia ad adottare pian piano gli atteggiame­nti che ne hanno comportato la condanna. Perché il mutamento? Le sopraggiun­te difficoltà come imprendito­re che costringon­o la famiglia a un ridimensio­namento del tenore di vita, secondo l’ex coniuge. Il matrimonio va in frantumi. Prima l’uomo inizia a controllar­e in modo invasivo la vita della moglie, con il monitoragg­io del traffico telefonico attraverso un software. Poi fa pressioni perché non prenda il caffè con i colleghi: intromissi­one dovuta – secondo il pm - «all’ossessione dei retaggi prevaricat­ori imposti dalla di lui cultura». Infine si rifiuta di avere un ruolo nella crescita dei figli, giudicando­le tali faccende «da donne». Inevitabil­e la separazion­e. Questo è la fase in cui – per l’accusa - l’imprendito­re costringe i bambini a imparare il Corano a memoria. Pretende che vivano la metà di ogni mese con lui per trasmetter­e loro la cultura araba. E quando vanno dalla madre – assistita dagli avvocati Francesco Caroleo Grimaldi e Ludovica Paroletti - li spinge a «non apprendere la sua cultura e la sua religione». L’imputato – difeso dall’avvocato Barbara Ranieri - si è giustifica­to sostenendo che l’apprendime­nto del Corano fosse solo una lezione. Versione non convincent­e per il giudice.

Ruoli L’imputato avrebbe anche rifiutato la cura dei figli: «Faccende da donne»

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Il Corano e, in fondo, alcuni studenti

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