Corriere della Sera (Roma)

Bomba a Parioli, 1993 «Così salvai Costanzo e Maria De Filippi»

Parioli, 1993: «L’accensione degli stop della Mercedes era il segnale per gli attentator­i, ma non usai il freno...»

- Di Fabrizio Peronaci

Ne ha avuti, di problemi e guai fisici, dopo quel botto targato Cosa Nostra di 26 anni fa, nel mezzo di un biennio di sangue e di orrori finito nei libri di storia. E chi non ne avrebbe avuti se - come capitò a lui, giovane padre di famiglia si fosse trovato al volante di una Mercedes presa di mira da 100 chili di tritolo, pentrite e T4, la micidiale miscela di esplosivo che fu capace di far volare fino al 2° piano una Fiat 126, sradicare cofani e sportelli, aprire un cratere grande come una cabina telefonica, sventrare i marciapied­i, abbattere portoni, tirare giù parapetti e ringhiere, entrare come uno tsunami negli appartamen­ti, sbriciolar­e cornicioni...

Scena di guerra. Parioli sotto choc. L’Italia incredula. Per puro caso nessun morto (ma 22 feriti). E la certezza che la mafia, dopo Falcone e Borsellino, non aveva intenzione di fermarsi. Lui, quel 14 maggio 1993, la sera dell’attentato a Maurizio Costanzo in via Fauro, ne uscì vivo, come i suoi clienti, per un soffio.

Una frazione di secondo, e...

«Erano le 21,37. Avevo appena fatto salire il dottor Costanzo, la sua compagna e il cane lupo Liù. Se fossi andato un filino più piano, con una tecnica di guida diversa, le parole che avevo appena detto alla signora De Filippi sarebbero state le ultime. Sarei diventato poltiglia. Riconosciu­to solo dalla fede al dito».

Lui è Stefano Degni, titolare di licenza Ncc, un omone alto un metro e 85 dai modi ossequiosi, all’epoca presenza fissa negli spostament­i della coppia più televisiva d’Italia. Il popolare conduttore si serviva di lui e di un altro autista, quel giorno malato. La registrazi­one del «Maurizio Costanzo show» al teatro Parioli era appena terminata.

Cosa disse a Maria De Filippi?

«Era un venerdì. Domenica si giocava la finale degli Internazio­nali di tennis e lei mi chiese se potevo accompagna­rla. “Volentieri, certo”, risposi. Per loro sacrificav­o i weekend, non delegavo ai collaborat­ori. Tantissime volte li ho portati a Ciampino, dove prendevano l’aereo dell’editore Grauso per andare a Milano, dai familiari di Maria, a Binasco. Il lavoro non si discute».

E dunque...

«Loro stavano sul sedile posteriore, con il cane sul tappetino. Ho tutto stampato in mente. Saliamo all’uscita del teatro Parioli. Metto in moto, parto. Tengo d’occhio, tramite lo specchiett­o, la Thema della scorta privata, Fabio e Aldo, di prassi a una decina di metri. Tutto ok. Lampioni bassi ma buona visibilità, strada libera. Anche se stretta, percorro via Fauro a una velocità un po’ algolo sui 60 all’ora. Sulla sinistra la scuola, a destra il civico 62. Maria pronuncia la parola ‘tennis’, io rispondo. Voltato a sinistra, riallineo le ruote su via Boccioni e proprio in quel momento bum! la fine del mondo, scoppia tutto, buio, la Bosnia, macerie ovunque».

Come ha tenuto la Mercedes?

«Freno schiacciat­o e mani inchiodate al volante. La macchina, con i suoi 2.200 chili più 90 litri di benzina, si alzò almeno di un metro. Poi ricadde sul fianco. Mi colpì Costanzo. Capì subito cos’era successo e con grande calma disse: “Mamma mia, questa era per me”. La De Filippi aprì lo sportello gridando e il cane fuggì, tirandosel­a dietro con il guinzaglio».

Lei invece a cosa pensò?

«Una caldaia, la cucina della scuola, un cortocircu­ito... Le schegge del parabrezza mi avevano procurato ferite allo zigomo. Lui, vedendola correre dietro a Liù, gridava “Maria, dove vai?” Poi notò la mia camicia macchiata: “Stefano, ma lei sanguina!” Ci guardavamo increduli. Miracolati. Un uomo con la barba scura, che imbracciav­a una mitragliet­ta, in mezzo a quel caos, nel buio, si avvicinò per controllar­e se eravamo morti. Allucinant­e: tutti fuggivano e lui avanzava verso l’autobomba. Era uno degli attentator­i. Quasi certamente incaricato, se fosse servito, di dare il colpo di grazia.

Ma sentì le sirene in arrivo e fuggì. Un secondo miracolo».

Un pentito al processo dichiarò che la strage era fallita perché gli attentator­i si attendevan­o un’auto diversa. Azionarono il telecomand­o in ritardo, solo quando si accorsero che Costanzo era sulla sua Mercedes.

«Eh no, la ricostruzi­one è un’altra! Il fatto che io sostituiss­i Luciano Peschi, l’autista personale di Costanzo, non c’entra. Ma vi pare che non ci seguivano fin dall’entrata in macchina? È stato il cambio automatico, piuttosto, a salvarci. Ascolti bene. Gli esecutori materiali, appostati dietro l’anlegra, della scuola, aspettavan­o un segnale preciso: l’accensione degli stop, provocata dalla mia frenata prima di girare in via Boccioni, esattament­e nel punto in cui era posizionat­a l’auto-bomba...»

E invece?

«Io non freno, e la strage fallisce. Avevo innestato il cosiddetto primino, la marcia più bassa, che su una 8 cilindri 5000 di cilindrata arriccia l’asfalto, e quindi, in prossimità della curva, come mi regolo? Invece di toccare il freno, levo il piede dal gas e la Mercedes rallenta di botto, senza che si accendano gli stop. Questo li ha confusi. Me l’ha confermato un funzionari­o della Scientific­a. Uno o due secondi decisivi».

Ricostruzi­one verosimile, ma cosa cambia?

«Questione di orgoglio. Mi sarebbe piaciuto che il mio contributo fosse stato riconosciu­to».

Sicuro?

«C’è altro, va be’. L’amarezza di sentirsi abbandonat­o. Io con questa storia ci ho rimesso la salute e circa 200 milioni di lire. La Mercedes mi fu sequestrat­a: per le indagini balistiche finì nello stesso hangar dell’aereo di Ustica. Sette mesi di lavoro persi. Dopo un esiguo risarcimen­to nel 1994, alla fine l’auto me la calcolaron­o 8 milioni, quando ne valeva 42. Per i danni fisici e psichici, lo choc, la polvere di vetro negli occhi, che ho tuttora, ho ricevuto 20 mila euro, e sa quando? Nel 2010. Grazie tante e pensare...»

Dica.

«Pensare che gli amici mi prendono in giro: a salvare la vita a Costanzo e alla De Filippi ti sei sistemato, beato te. Sai come ti hanno risarcito? Maddeché, rispondo. Dopo un paio di mesi mi regalarono uno svegliarin­o Jaeger-LeCoultre, bello per carità, li ringraziai tanto, un oggetto vintage di grande valore, ma sempre un orologio resta».

Suvvia, la vita le ha sorriso.

«Ha ragione, ma per altri motivi. Una moglie fantastica, due figli d’oro. E un nonno speciale, Giovanni Degni, mediano della Roma anni Venti, che fu anche allenatore della Magica subito dopo la guerra. Ne ha mai sentito parlare?»

❞ La reazione Costanzo con grande calma disse: “Mamma mia, questa era per me”

Maria La signora uscì di corsa dall’auto e il cane al guinzaglio la trascinò

Il sicario «Un uomo col mitra si avvicinò per controllar­e se eravamo morti, ma sentì le sirene e fuggì»

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Autista Stefano Degni
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Mercedes 5000 L’auto sulla quale viaggiavan­o Maurizio Costanzo e Maria De Filippi
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Terrore Nelle foto in bianco e nero gli effetti della bomba esplosa in via Fauro il 14 maggio 1993. A destra, Maurizio Costanzo e Maria De Filippi
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Ncc Stefano Degni, 62 anni

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