Scamarcio e Bertè aspettando Martin Scorsese
Ieri è stata anche la Festa delle donne: Fanny Ardant, Loredana Bertè e Mira Sorvino
Un film «on the road» Protagonisti un padre uscito di galera e il suo bambino
Un tappeto più rosa che rosso quello di ieri alla Festa del cinema, con le donne protagoniste del grande schermo e della passerella. Tra le star internazionali che hanno sfilato l’attesissima Fanny Ardant, protagonista de La Belle Époque di Nicolas Bedos, la regista israeliana Alma Har’el col suo Honey Boy e Mira Sorvino volata a Roma per la prima mondiale di Drowning di Melora Walters (di cui è interprete), la quale ha colto l’occasione per tornare sulla — a lei cara — questione delle molestie sessuali subite dalle attrici: «Sono grata di aver dato al mio apporto al movimento Me Too e spero che la mia esperienza possa dare coraggio a chi come me è sopravvissuto a forme di violenza e di sopraffazione. Sono stata a lungo ostracizzata dopo la mia denuncia contro il produttore Harvey Weinstein, ma oggi sono finalmente felice di lavorare con straordinari registi, sto facendo ciò che amo. Nella vita di ogni attore ci sono sempre degli alti e dei bassi e mio padre Paul Sorvino mi ha sempre detto che bisogna saper tornare sulla ribalta».
Un tocco di blu (tutto italiano) lo ha portato la chioma di Loredana Bertè al suo debutto come doppiatrice nel film d’animazione La Famiglia Addams diretto da Conrad Vernon e Greg Tiernan, che uscirà nelle sale il 31 ottobre in coincidenza con la festa di Halloween. «Mi piace il doppiaggio perché è rock, credo di aver trovato il via per una nuova carriera», ha dichiarato una sempre esplosiva Bertè, affiancata nel film da Virginia Raffaele alla voce di Morticia, Raoul Bova in quella di Zio Fester e Pino Insegno di Gomez.
Ancora Italia con il film Il ladro di giorni di Guido Lombardi, presente all’Auditorium con parte del cast: Riccardo Scamarcio, il giovane Augusto Zazzaro al suo esordio cinematografico e Rosa Diletta Rossi. Storia di un viaggio fisico — dal disciplinato nord (il Trentino) al corrotto e violento sud (la Puglia) — che si trasforma in una travagliata avventura emotiva di un padre appena uscito di galera ma per nulla redento (Scamarcio) e suo figlio (Zazzaro), cresciuto nel frattempo con la zia in un ambiente familiare tanto sereno quanto rigido. «Mi sono ispirato a Il campione di Franco Zeffirelli — ha spiegato Scamarcio — un film in cui il rapporto padre-figlio riesce a essere estremamente tenero seppure vissuto tra vizi e illeciti».
È così anche nella pellicola di Lombardi (la prima italiana della Selezione Ufficiale del festival) sviluppata dal regista partendo dal suo omonimo romanzo senza però ricalcarne le pagine. «Il figlio ritrova la figura, sebbene problematica, del padre — ha detto l’autore — che invece si riscopre capace di amare e di affrontare una riflessione più lucida e profonda sulla vita».
Nel film la malavita in cui viene catapultato il bambino sembra solo un espediente per esasperare i toni del passaggio dall’infanzia all’età adulta. «Un meccanismo che funziona anche senza pistole — ha concluso Lombardi — Ricordo che a sette anni passai una giornata in ufficio con mio padre: scoprii che aveva un’altra vita oltre alla famiglia, altri rapporti, un’altra identità. Uno sconosciuto. Mentre io divenni un po’ più grande».