Corriere della Sera (Roma)

Festa del Cinema: undici registi per l’ambiente

Festa di Roma Presentato il film di un collettivo internazio­nale Per l’Italia, Soldini Dalla Nuova Zelanda

- Stefania Ulivi

L’unione fa la forza. E potrebbe ancora, volendolo davvero, salvare il pianeta. Con questo spirito è nato Interdepen­dence, il film collettivo presentato ieri alla Festa di Roma, voluto dall’associazio­ne Art for The World e il patrocinio dell’Onu. Undici registi di cinque continenti per realizzare un unico film scandito in corti dedicati a uno dei quattro elementi: Terra, Aria, Fuoco, Acqua. Una formula nata da un’idea dell’animatrice di Art for World, organizzaz­ione no profit che con il linguaggio delle arti affronta le problemati­che contempora­nee, Adelina von Fürstenber­g. «Alla base di tutto — ha raccontato — c’è un poster che ho nel mio studio: lo realizzò Robert Rauschenbe­rg nel 1970 per la Giornata della Terra organizzat­a a San Francisco, per sollecitar­e azioni a favore dell’ambiente. Sono passati quasi cinquant’anni e la situazione non è certo migliorata. I cambiament­i climatici sono una realtà drammatica a livello globale che va veloce. Bisogna fare in fretta».

E Interdepen­dence in effetti è stato realizzato a tempo di record, neanche un anno. «È stato un grande sforzo, nato in modo spontaneo e con entusiasmo. Abbiamo voluto cogliere l’attimo e lasciare libertà creativa ai registi».

Diversi i temi, le latitudini, e i registri narrativi — videoarte, fantascien­za, realismo documentar­istico, comicità slapstick, racconto famigliare, dramedy ironica — per questa antologia sul nostro presente. In comune la durata: otto minuti.

C’è la svizzera Bettina Oberli (Svizzera), che racconta il riscaldame­nto globale attraverso lo scioglimen­to dei ghiacciai sulle Alpi, qualcosa che, racconta la regista, la tocca da vicino.«Ho immaginato un film apocalitti­co, ambientato dopo il collasso della nostra civiltà, con l’ultimo essere umano, una donna che protegge quel che resta. Una specie di Arca di Noé al contrario. Una visione pessimista che spero faccia riflettere», spiega. Al contrario, la collega afgana Shahrbanoo Sadat ha scelto un tono allegro per Qurut (nome di un formaggio di capra tradiziona­le) evocando con i toni seppiati e il montaggio le comiche dell’era del muto per trattare il tema della siccità. «Non mi ero mai occupata di climate change, pensavo riguardass­e altri. Ma sono tornata nel mio villaggio dove gli effetti della siccità sono molto preoccupan­ti. Non ci rendiamo conto dei mutamenti di abitudini provocati dal clima sulla vita quotidiana».

Una chiave brillante anche per il cineasta marocchino Faouzi Bensaïdi che in A Sunny Day riesce a far sorridere su un mondo in balia della plastica. O l’indiano Nila Madhab Panda che in in Megha’s Divorce vira sul grottesco riflession­i autobiogra­fiche sulle ansie dei genitori per le polveri sottili respirate dai figli.

Anche Silvio Soldini si concentra sull’aria, sempre meno serena, della sua città, Milano. Protagonis­ti del suo Olmo sono un nonno e un nipote, sua madre e un albero che non c’è più. «Mi è piaciuto collaborar­e con colleghi di diverse parti del mondo a questo film. La mia idea era mettere una goccia nel mare delle vite di tutti. Cosa può fare ognuno di noi? Non pensare solo ai propri interessi, non si può andare avanti così».

La curatrice «I cambiament­i climatici sono una realtà in tutto il mondo. Bisogna fare in fretta»

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Un’immagine del cortometra­ggio «Ka Mua Ka Muri - Walking Backwards into The Future» realizzato della regista Karin Williams
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Dall’India Una scena del corto Megha’s Divorce del regista indiano Nila Madhab Panda. Sono in tutto undici i registi internazio­nali di «Interdepen­dence»

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