«Rino», lo chef di Prati che ha conquistato i parigini
Incoronato da Lsdm in vetta ai «50 top Italy». «Amo lo scorfano di Ventotene»
Dei cinquanta migliori chef italiani nel mondo, Giovanni Passerini, 43 anni, romano a Parigi, è il primo della lista di «Lsdm», storico congresso di cucina d’autore, pronto a festeggiarlo il prossimo 2 dicembre, a Roma, al teatro Eliseo.
In gran segreto, i 350 ispettori si sono recati nelle cucine italiane dell’intero pianeta, per realizzare «50 Top Italy», la guida on-line consultabile gratuitamente. Alla ricerca dello spirito giusto. «Che è la cosa della quale vado più orgoglioso», dice Passerini, dell’omonimo ristorante, in zona Bastiglia, al 65 di rue Traversiére. «La mia non è una cucina tipicamente italiana, dal momento che le materie prime non sempre sono italiane: ma le si avvicina, interpretandola».
Cresciuto tra Prati e Balduina, Passerini - oggi davanti a personaggi come Don Alfonso 1890, a Toronto, ed Heinz Beck a Tokyo -, non è mai stato uno di quelli convinti da sempre di voler diventare re della cucina. «Dopo il liceo scientifico e la laurea in Economia e commercio, la mia strada era segnata, ma poi...». Cosa è accaduto? «Dopo un anno di Erasmus, a Madrid, ho capito che avrei potuto fare altro. Complice la cucina dell’avanguardia spagnola, che non viveva di luce propria: direi ancora legata a Barcellona e alle sue trattorie».
E dopo una esperienza a Colonia, al «Capricorn I Aries», di nuovo a Roma , inviando il curriculum ovunque cercassero un giovane appassionato di cucina. Il suo profilo è capitato tra le mani di Gloria Gravina, del ristorante «Uno e Bino», a San Lorenzo. «Era appena andato via il cuoco, e Gloria, una persona alla quale sono molto legato, ha subito creduto in me», dice Passerini, che, infatti, qui farà faville, fermandosi fino al 2007.
Per poi tornare a Madrid, conoscere la sua futura moglie, Justine - compagna di lavoro nell’attuale restaurant Passerini -, e prendere la decisione di andare a Parigi. «Mi mancavano i fondamentali», appresi, poco dopo, da Passard, Inaki e Petter Nillson, «mostro di gestualità e tecnica», ricorda lo chef, per gli amici «Rino», come il nome del suo primo ristorante. Da quei tre metri di cucina a vista, nascerà il vero Passerini restaurant, inaugurato a maggio del 2017, con accanto un pastificio, regno del raviolo.
E se «Rino» seguiva la tendenza del menu fisso, con «Passerini» (già miglior chef francese per la guida Fooding) dove in cucina sono tutti romani («Ma è solo un caso», assicura il boss), si cercherà di ovviare alla difficoltà di mangiare alla carta, condividendo la cucina. Leitmotiv dello spirito lavorativo di Passerini: sentirsi liberi di mangiare ciò che si vuole. Compresa la trippa alla romana: piatto forte dello chef, che è papà di due bimbe, Lucia ed Anna, e con poca nostalgia per Roma.
«Quando torno, mi sento un po’ estraneo: io e Justine preferiamo Ventotene, fermandoci il più delle volte a Il Giardino, dove fanno una favolosa pasta allo scorfano».
Laureato in Economia Giovanni Passerini, 53 anni, guida il ristorante omonimo con la moglie Justine