Uccide il cognato a colpi di fucile
Il delitto al culmine di una violenta lite
«Gli ho sparato, stavamo litigando». Con queste parole Luan Zalda ha accolto i carabinieri all’ingresso dell’abitazione di Nettuno: il 50enne albanese aveva appena sparato al cognato connazionale, Shpendi Allushi, dopo l’ennesima, furiosa discussione. La vittima, 45 anni, è morta quasi sul colpo. È stato lo stesso assassino poi a chiamare il 112. Vecchie ruggini tra i due uomini, continue le liti secondo i militari di Anzio che indagano sul delitto.
«Gli ho sparato, stavamo litigando». Con queste parole Luan Zalda ha accolto i carabinieri all’ingresso dell’abitazione di Nettuno: il 50enne albanese aveva appena esploso un colpo di fucile in faccia al cognato connazionale, Shpendi Allushi, dopo l’ennesima, furiosa discussione. La vittima, 45 anni, è morta quasi sul colpo. È stato lo stesso assassino poi a chiamare il 112. Vecchie ruggini tra i due uomini, erano continue le liti secondo quanto ricostruito dai militari di Anzio che indagano sul delitto: al momento però, oltre ai motivi familiari, nessuna pista è esclusa.
Una domenica di sangue nel piccolo comune a sud della Capitale, iniziata con l’arrivo di Zalda e la moglie in treno da Casal di Principe, provincia di Caserta, in visita ai parenti residenti sul litorale laziale. Intorno alle 11.30 la rissa sfociata in tragedia, avvenuta nella casa di campagna in via degli Abruzzi dove viveva la vittima. Tra i due uomini è avvenuta prima una violenta colluttazione, poi il 50enne ha imbracciato un fucile a canne mozze e ha sparato al cognato, che è stato colpito in pieno volto. Luan Zalta, infine, ha chiamato il 112.
Quando i carabinieri della compagnia di Anzio sono giunti sul posto, si sono trovati di fronte a una scena macabra: Allushi era a terra, in un lago di sangue, mentre il cognato li aspettava sulla porta, disarmato e pronto a farsi arrestare. Per il 45enne non c’è stato nulla da fare, inutile l’arrivo dell’ambulanza. L’assassino
è stato poi trasferito in ospedale: durante la rissa con il cognato, ha riportato una lieve ferita alla testa inferta con un bastone ed è stato medicato. Per lui si profila un’accusa di omicidio volontario.
Il fucile utilizzato per il delitto, secondo i primi accertamenti, era detenuto abusivamente: inoltre l’arma era stata modificata con un taglio netto alle canne, rendendola ancora più pericolosa e letale. Gli investigatori indagano al momento a 360 gradi: i due cognati svolgevano lavori saltuari, impieghi nei cantieri del litorale o consegne di materiali con alcuni camion. Entrambi avevano alle spalle piccoli precedenti penali. I carabinieri stanno scavando nella loro vita, tentando di scoprire la provenienza del fucile: a Nettuno, come in tutto il basso Lazio, la presenza dei clan è accertata da anni, dai Moccia ai Gallace e gli affari legati alla criminalità organizzata hanno ramificazioni in ogni campo.
Le indagini battono, per il momento, ogni sentiero: sembra presto per escludere la possibilità che, alla base dei dissidi tra i due albanesi ci siano altre motivazioni oltre a quelle familiari.
La vittima, 45 anni, anche lui albanese regolare in Italia, faceva lavori saltuari