Corriere della Sera (Roma)

«Nastia era al pub mezz’ora prima»

Il titolare del locale davanti al quale è morto Luca Sacchi: «Ho sentito lo sparo solo più tardi»

- Riccardo Antoniucci

«Nastia era qui dentro al pub mezz’ora prima che lo sparo uccidesse il fidanzato». Michele Ciccarella, il gestore del locale, apre nuovi scenari sul fronte dell’inchiesta per il delitto dell’Appio Latino: «Ha comprato due bottigliet­te d’acqua e se ne è andata». Una ricostruzi­one, la sua, che potrebbe modificare profondame­nte gli esiti delle verifiche eseguite fino a ieri. I ragazzi che frequentan­o abitualmen­te il pub prendono le distanze dall’immagine negativa che gli viene attribuita: «Non gira droga, siamo giovani tranquilli».

Ero al telefono, di spalle, e non mi sono accorto di quello che accadeva

Quando ho sentito lo scoppio ho pensato che si potesse trattare di un petardo

Precedenti «Non è mai successo nulla, non siamo certo il bar di Romanzo criminale»

Anastasiya Kylemnkyk, la fidanzata di Luca Sacchi assassinat­o mercoledì notte all’angolo tra via Bartoloni e via Mommsen all’Appio Latino, «è entrata qui nel locale mezz’ora prima dello sparo per chiedere due bottigliet­te d’acqua, ha pagato ed è uscita». A raccontarl­o è Michele Ciccarella, il gestore dell’Irish pub John Cabot di fronte a dove è avvenuto l’omicidio, dove adesso stanno i mazzi di fiori.

Contro una delle vetrine del negozio è finito il proiettile che ha ucciso Sacchi, sparato da Valerio Del Grosso. Resta un’ammaccatur­a di qualche centimetro nell’infisso sopra il vetro. Ma il colpo aveva perso tutta la forza e quando è entrato il rumore si è avvertito appena.

Nastia (il suo diminutivo alla russa) e i suoi amici non sono mai stati assidui frequentat­ori del John Cabot, ci tengono a precisare il gestore e chi ci passa quasi tutte le sere , «anche perché una ragazza carina che veniva spesso nel pub ce la saremmo ricordata», si lascia andare qualcuno per avvalorare questa tesi. Mentre - sottolinea Ciccarella - era passato qualche volta il fratello di Sacchi, che quella sera era seduto insieme a un gruppo di amici ventenni. «Gente che beve una CocaCola o divide un cocktail. Non mi sembra abbiano né l’aria né i soldi degli spacciator­i», li difende (e si difende).

Il Cabot è aperto da vent’anni e ha cambiato varie gestioni. Michele l’ha rilevato nel 2018 «con i soldi di mia madre» e ha lasciato quasi tutto com’era. Anche quella scritta «Appio Latino», verde sulla serranda che si vede in tutte le foto.

Un irish pub dove alla spina c’è anche l’Ichnusa , 15 tavoli e il tabellone delle freccette. Si trova in una via residenzia­le a pochi metri dal parco della Caffarella. Un angolo dove le case costano di più per l’affaccio sul verde. Sulla parete di fronte al bancone, le television­i per le partite. Come quella tra Inter e Borussia Dortmund, trasmessa la sera che hanno sparato a Luca.

C’era anche Valerio, 24 anni, a vedere il match: «Ero al telefono, con le spalle alla strada. Quando ho sentito lo scoppio, all’inizio credevo fosse un petardo». Prima, niente che lasciasse pensare a una colluttazi­one: «Mi è sembrato solo di sentire un “oh”».

Poi la macchina che riparte. Nel frattempo, dall’altro lato della strada la gente accorre. Forse anche Nastia: «L’ho vista buttarsi sopra il corpo, ma non ho capito se gli stava vicino fin dall’inizio o è arrivata dopo», continua Valerio. «Ero sotto choc, non ricordo bene». Ai ragazzi la storia della rapina convince poco: «Davanti a tutte queste telecamere?».

Raccontano che quella sera c’erano 40 persone. Adesso, alla stessa ora, non sono ne

anche la metà. «Hanno paura», si lamenta Michele.

Chi il pub lo frequenta da anni non vuole passare per un poco di buono, per un colluso con la criminalit­à. «Non siamo il bar di Romanzo criminale», dice Jacopo, 25enne osteopata. «Quello che è successo qui davanti non c’entra niente con noi: quella gente non frequentav­a il locale». Valerio e Jacopo invece andavano al liceo Augusto come Nastia, ma proprio non se la ricordano. «Qualcuno dei miei amici ha riconosciu­to la faccia quando è entrata, niente di più», sottolinea Jacopo.

Nessuno, invece, ha mai visto o sentito nominare Simone Piromalli, indicato dagli inquirenti come l’intermedia­rio della presunta compravend­ita di «merce» degenerata in omicidio.

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Il gestore del pub, Michele Ciccarella, e a sinistra l’assassino di Luca Sacchi, Valerio Del Grosso

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