«Nastia era al pub mezz’ora prima»
Il titolare del locale davanti al quale è morto Luca Sacchi: «Ho sentito lo sparo solo più tardi»
«Nastia era qui dentro al pub mezz’ora prima che lo sparo uccidesse il fidanzato». Michele Ciccarella, il gestore del locale, apre nuovi scenari sul fronte dell’inchiesta per il delitto dell’Appio Latino: «Ha comprato due bottigliette d’acqua e se ne è andata». Una ricostruzione, la sua, che potrebbe modificare profondamente gli esiti delle verifiche eseguite fino a ieri. I ragazzi che frequentano abitualmente il pub prendono le distanze dall’immagine negativa che gli viene attribuita: «Non gira droga, siamo giovani tranquilli».
Ero al telefono, di spalle, e non mi sono accorto di quello che accadeva
Quando ho sentito lo scoppio ho pensato che si potesse trattare di un petardo
Precedenti «Non è mai successo nulla, non siamo certo il bar di Romanzo criminale»
Anastasiya Kylemnkyk, la fidanzata di Luca Sacchi assassinato mercoledì notte all’angolo tra via Bartoloni e via Mommsen all’Appio Latino, «è entrata qui nel locale mezz’ora prima dello sparo per chiedere due bottigliette d’acqua, ha pagato ed è uscita». A raccontarlo è Michele Ciccarella, il gestore dell’Irish pub John Cabot di fronte a dove è avvenuto l’omicidio, dove adesso stanno i mazzi di fiori.
Contro una delle vetrine del negozio è finito il proiettile che ha ucciso Sacchi, sparato da Valerio Del Grosso. Resta un’ammaccatura di qualche centimetro nell’infisso sopra il vetro. Ma il colpo aveva perso tutta la forza e quando è entrato il rumore si è avvertito appena.
Nastia (il suo diminutivo alla russa) e i suoi amici non sono mai stati assidui frequentatori del John Cabot, ci tengono a precisare il gestore e chi ci passa quasi tutte le sere , «anche perché una ragazza carina che veniva spesso nel pub ce la saremmo ricordata», si lascia andare qualcuno per avvalorare questa tesi. Mentre - sottolinea Ciccarella - era passato qualche volta il fratello di Sacchi, che quella sera era seduto insieme a un gruppo di amici ventenni. «Gente che beve una CocaCola o divide un cocktail. Non mi sembra abbiano né l’aria né i soldi degli spacciatori», li difende (e si difende).
Il Cabot è aperto da vent’anni e ha cambiato varie gestioni. Michele l’ha rilevato nel 2018 «con i soldi di mia madre» e ha lasciato quasi tutto com’era. Anche quella scritta «Appio Latino», verde sulla serranda che si vede in tutte le foto.
Un irish pub dove alla spina c’è anche l’Ichnusa , 15 tavoli e il tabellone delle freccette. Si trova in una via residenziale a pochi metri dal parco della Caffarella. Un angolo dove le case costano di più per l’affaccio sul verde. Sulla parete di fronte al bancone, le televisioni per le partite. Come quella tra Inter e Borussia Dortmund, trasmessa la sera che hanno sparato a Luca.
C’era anche Valerio, 24 anni, a vedere il match: «Ero al telefono, con le spalle alla strada. Quando ho sentito lo scoppio, all’inizio credevo fosse un petardo». Prima, niente che lasciasse pensare a una colluttazione: «Mi è sembrato solo di sentire un “oh”».
Poi la macchina che riparte. Nel frattempo, dall’altro lato della strada la gente accorre. Forse anche Nastia: «L’ho vista buttarsi sopra il corpo, ma non ho capito se gli stava vicino fin dall’inizio o è arrivata dopo», continua Valerio. «Ero sotto choc, non ricordo bene». Ai ragazzi la storia della rapina convince poco: «Davanti a tutte queste telecamere?».
Raccontano che quella sera c’erano 40 persone. Adesso, alla stessa ora, non sono ne
anche la metà. «Hanno paura», si lamenta Michele.
Chi il pub lo frequenta da anni non vuole passare per un poco di buono, per un colluso con la criminalità. «Non siamo il bar di Romanzo criminale», dice Jacopo, 25enne osteopata. «Quello che è successo qui davanti non c’entra niente con noi: quella gente non frequentava il locale». Valerio e Jacopo invece andavano al liceo Augusto come Nastia, ma proprio non se la ricordano. «Qualcuno dei miei amici ha riconosciuto la faccia quando è entrata, niente di più», sottolinea Jacopo.
Nessuno, invece, ha mai visto o sentito nominare Simone Piromalli, indicato dagli inquirenti come l’intermediario della presunta compravendita di «merce» degenerata in omicidio.