ECONOMIA, CRESCITA MISERA
Gli analisti istituzionali, tra le loro missioni, hanno anche quella di valutare lo stato di salute dell’economia. Dall’ultimo rapporto di Banca d’Italia si sa che, dal 2012 a oggi, l’economia del Lazio cresce, ma di poco. L’infausta novità del 2018 è che si è cresciuti percentualmente meno (0,3%) della media nazionale (0,8%). In valori assoluti, la crescita è misera. In termini relativi, si va peggio che altrove.
Soffre il settore dei servizi che, da solo, vale l’80% del prodotto regionale lordo. Il turismo cresce in proporzione di più, specie a Roma, ma la spesa procapite crolla di un terzo. Segno di flussi sempre più low cost e a basso valore aggiunto. Come confermano i numeri sull’occupazione: stabile, ma sempre meno specializzata.
Esportazioni giù, soprattutto nei settori dei mezzi di trasporto (leggasi stabilimento Fca di Cassino) e del farmaceutico (distretto di Pomezia e dintorni, lungo l’ex «linea Maginot» della Cassa del Mezzogiorno). Si riducono poi gli investimenti sia privati che, drasticamente, pubblici (meno 16,2%).
Se si guardano, invece, i dati Istat su «Industria e servizi» della Regione Lazio, questi sono introdotti dicendo che «le attività no profit crescono del 33,5% negli ultimi dieci anni», con un tasso di crescita ben oltre la media nazionale. Parole significative. Avanza il terzo settore, spesso rivolto a supplire deficienze di enti pubblici. Indietreggiano le attività lucrative.
La Giunta regionale ha appena annunciato 20 milioni di Euro di fondi Fesr 2014-2020 (fondi comunitari), da impiegarsi come incentivi, perlopiù a favore di nuovi investimenti nel Lazio. Si spinge a far stabilire imprese nella regione. Ma cosa ne è e sarà, invece, di quel che è rimasto di economia locale (ovvero già presente)? Parte degli incentivi servirà a risolvere crisi aziendali e a sviluppare le specializzazioni territoriali.
Il piano va all’esame del Consiglio regionale e, dall’esito delle discussioni, si attendono segnali di una strategia. Certo, in base alle predette analisi, ai dati correnti e alle indicazioni emergenti dalla comunità degli imprenditori, ci aspetteremmo una rinnovata strategia, durevole e condivisa, tra enti locali di livello diverso. Ciò non solo alla luce del mutato quadro politico nazionale, ma pure in vista della prossima programmazione di fondi Ue. Per non limitarsi, come più volte in passato, seppure in misura diversa, ai vari livelli delle Amministrazioni, ad iniziative occasionali, quando non estemporanee, per curare gli acciacchi, ormai pressoché cronici, di un sistema che non stava così male fino a qualche anno orsono. Insomma, bene curare i malanni del paziente, ma preoccupiamoci prima del suo stato di salute. Per far stare bene, anzi meglio, tutti.