Corriere della Sera (Roma)

ECONOMIA, CRESCITA MISERA

- Di Fabio Filocamo

Gli analisti istituzion­ali, tra le loro missioni, hanno anche quella di valutare lo stato di salute dell’economia. Dall’ultimo rapporto di Banca d’Italia si sa che, dal 2012 a oggi, l’economia del Lazio cresce, ma di poco. L’infausta novità del 2018 è che si è cresciuti percentual­mente meno (0,3%) della media nazionale (0,8%). In valori assoluti, la crescita è misera. In termini relativi, si va peggio che altrove.

Soffre il settore dei servizi che, da solo, vale l’80% del prodotto regionale lordo. Il turismo cresce in proporzion­e di più, specie a Roma, ma la spesa procapite crolla di un terzo. Segno di flussi sempre più low cost e a basso valore aggiunto. Come confermano i numeri sull’occupazion­e: stabile, ma sempre meno specializz­ata.

Esportazio­ni giù, soprattutt­o nei settori dei mezzi di trasporto (leggasi stabilimen­to Fca di Cassino) e del farmaceuti­co (distretto di Pomezia e dintorni, lungo l’ex «linea Maginot» della Cassa del Mezzogiorn­o). Si riducono poi gli investimen­ti sia privati che, drasticame­nte, pubblici (meno 16,2%).

Se si guardano, invece, i dati Istat su «Industria e servizi» della Regione Lazio, questi sono introdotti dicendo che «le attività no profit crescono del 33,5% negli ultimi dieci anni», con un tasso di crescita ben oltre la media nazionale. Parole significat­ive. Avanza il terzo settore, spesso rivolto a supplire deficienze di enti pubblici. Indietregg­iano le attività lucrative.

La Giunta regionale ha appena annunciato 20 milioni di Euro di fondi Fesr 2014-2020 (fondi comunitari), da impiegarsi come incentivi, perlopiù a favore di nuovi investimen­ti nel Lazio. Si spinge a far stabilire imprese nella regione. Ma cosa ne è e sarà, invece, di quel che è rimasto di economia locale (ovvero già presente)? Parte degli incentivi servirà a risolvere crisi aziendali e a sviluppare le specializz­azioni territoria­li.

Il piano va all’esame del Consiglio regionale e, dall’esito delle discussion­i, si attendono segnali di una strategia. Certo, in base alle predette analisi, ai dati correnti e alle indicazion­i emergenti dalla comunità degli imprendito­ri, ci aspetterem­mo una rinnovata strategia, durevole e condivisa, tra enti locali di livello diverso. Ciò non solo alla luce del mutato quadro politico nazionale, ma pure in vista della prossima programmaz­ione di fondi Ue. Per non limitarsi, come più volte in passato, seppure in misura diversa, ai vari livelli delle Amministra­zioni, ad iniziative occasional­i, quando non estemporan­ee, per curare gli acciacchi, ormai pressoché cronici, di un sistema che non stava così male fino a qualche anno orsono. Insomma, bene curare i malanni del paziente, ma preoccupia­moci prima del suo stato di salute. Per far stare bene, anzi meglio, tutti.

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